La strana coppia, questo è uno dei dischi che non ti aspetti.
Jon Anderson ha fatto parte degli Yes, una delle band più importanti
del movimento prog, ma a parte un paio di dischi con Vangelis, non
ha molte collaborazioni significative al suo attivo. Stolt invece
è abituato a molte collaborazioni, credo sia abbastanza difficile
ricordarle tutte, partito a metà settanta coi Kaipa, ha poi
dato vita ai Flower Kings, poi ancora ai Transatlantic, poi lo troviamo
nei Tangent, Agent of Mercy e altre ancora. Ma questi sono dettagli.
L’idea di una loro collaborazione è venuta al patron
della Inside Out Thomas Waber, però inizialmente non sembrava
potersi concretizzare. Poi complice la tanto famigerata formula della
crociera con band al seguito, in questo caso era la Progressive Nation
At Sea, che ha fatto conoscere i nostri due eroi ed è partita
la scintilla.
Sicuramente da un lato per due musicisti così abili era facile
fare un disco insieme, la sfida era fare un disco che potesse colpire
le aspettative dei fans e, perché no, guadagnarne di nuovi.
Insomma fare un disco originale, che non suonasse Yes o Flower Kings,
ma senza rinnegare il passato. La consapevolezza che si rivolgono
principalmente al pubblico prog appare evidente fin dalla bella copertina,
dal titolo e poi dalla lunghezza dei brani, infatti l’album
è composto da quattro suites. Fin dalle note iniziali appare
chiaro l’intento dei nostri, dar vita ad un prog contemporaneo,
ma saldamente ancorato al passato. Anderson è in piena forma
e la musica è ritagliata sulle sue doti canore. Musica immaginifica,
epica e poetica, con un buon umore di fondo contagioso. La musica
fluisce naturale, con Stolt che alla chitarra fa magie e tutto funziona
alla meraviglia. Le situazioni cambiano come in un caleidoscopio,
le melodie si intrecciano e compongono mosaici sorprendenti. Ogni
tanto si osano anche partiture inaspettate, che riflettono musiche
di origine folkloristica, il risultato complessivo piacerà
a molti, forse meno a chi ama suoni duri o post moderni, ma in questo
disco c’è tanta roba e ogni ascolto rivela nuove sensazioni.
Un disco per palati fini, per veri appassionati di prog, magari un
po’ nostalgici, ma questo è un disco che non delude,
non come tante collaborazioni fini a se stesse. Sicuramente a qualcuno
non piacerà, ma qui c’è vera musica. GB
Artisti correlati: Jon Anderson and The Band Geeks
|