Gruppi italiani crescono. Non facile oggidì applicarsi nel
prog-metal, materia oggetto d’analisi e di studio da parte di
troppi allievi della consolidata scuola dreamtheateriana, maggior
merito agli Aura adunque, essendo i nostri quattro connazionali riusciti
nell’intento di confezionare un disco maturo e personale, pur
coi limiti riconosciuti del genere. Sarà per un gusto del tutto
peculiare che altre formazioni italiche possiedono (vedi Astante Syriaca
tra gli ultimi campioni), ma è evidente che il seme gettato
dai progenitori dei settanta ha dato i suoi cospicui frutti.
“A different view from the same side” richiede attenzione,
non tutti gli ascoltatori, troppo spesso distratti da prodotti usa-e-getta
che in ambito artistico non dovrebbero nemmen vedere la luce, potranno
compiacersi delle mille sfumature, dei passaggi ora delicati ora imperiosi,
degli splendidi panorami sonori descritti in queste lunghe tracce
(una delle quali, la title-track, strumentale e divisa in due tronconi),
ma la bellezza è dono che va accolto con consapevolezza, e
certo Giovanni Trotta (splendido vocalist, ce ne sono pochi così
nella penisola, oltrecchè preciso drummer), Francesco Di Verniere
(tastiere), Diego Corini (chitarre) ed Angelo Cerquaglia (basso) ne
sono consapevoli, essendo musicisti attenti, preparatissimi e dotati
di rare capacità espressive.
Plauso incondizionato ad un lavoro che non risente di cadute di tono
e che si mantiene costantemente su d’un livello di assoluta
eccellenza. AM |