È da tanto che desidero scrivere qualche riga su questa band
e in particolare su questo live. Gli Horslips sono il primo gruppo
che ha unito il rock alla musica folk celtica irlandese, questo è
accaduto nei primi anni ’70, hanno anche conosciuto un certo
successo ma verso la fine del decennio, col tentativo di approdare
negli States, hanno abbandonato il lato più folk e hanno perso
terreno fino a sciogliersi.
Il loro nome è patrimonio di pochi appassionati e questo per
me è un mistero, perché sono una band eccezionale. Mi
piacerebbe cercare di capirne i motivi, visto anche il successo commerciale
che il mix di musica celtica e rock ha avuto in seguito, forse hanno
precorso troppo i tempi? Sta di fatto che circa nel 1990 si è
creato un certo interesse per il celtic rock e questo ha favorito
il loro ritorno sulle scene e a tutt’oggi la band si esibisce
con regolarità dal vivo.
La loro musica pesca a piene mani nella tradizione folk della verde
isola, questa unita ad una vena hard progressive ha dato vita ad un
sound coinvolgente di grande spessore, con ottime parti musicali.
La testimonianza migliore è racchiusa in questo disco dal vivo,
che considero come uno dei migliori live album degli anni ’70
ma che non vedo mai citato da nessuno. Qualcuno potrebbe chiosare
che se nessuno li cita un motivo dovrà pur esserci, sta di
fatto che questo che ho davanti è effettivamente uno splendido
disco, con una track list che non stanca nonostante manchi la familiarità
coi pezzi ascoltati. Il loro testimone è stato poi preso in
mano da artisti come i Pogues, gli Skyclad e i Cruachan (potremmo
ricordare anche Hevia), poi troviamo tutta una folta schiera di gruppi
che sarebbe davvero difficile sintetizzare, non ultimi i nostrani
Modena City Ramblers.
Come da usanza si tratta di un doppio album con diciotto brani, che
ripercorrono tutta la discografia della band incisa fino a quel punto.
Tecnicamente molto preparati, quello che colpisce è la bellezza
delle loro composizioni, in alcuni casi le citazioni dei tradizionali
ha costituito un terreno fertile a cui attingere, ma la reinterpretazione
in chiave rock è personalissima e altamente coinvolgente, poi
non mancano pezzi originali. Lunghe parti strumentali si alternano
a ballate dal forte sapore folk, mescolando psichedelia, hard rock,
prog e tanta voglia di sperimentare. Se volete qualche suggerimento
vi consiglio “Forniture”, “Dearg Doom” e “Johnny’s
Wedding”, tutte sul secondo vinile, quello più trascinante,
anche perché si sa che il meglio viene sempre alla fine, comunque
tutto il disco è decisamente godibile.
Mi ripeto, per me resta un mistero come questa band sia sempre stata
sottovalutata, però sono sicuro che la saprete apprezzare,
soprattutto se amate il tipico sound anni settanta. GB
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