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            Davvero a volte si fa fatica a distinguere band degli anni ’80 
            da quelle attuali in ambito Hard Rock ed Heavy Metal. Se mi avessero 
            detto che questo debutto degli ucraini John Galt fosse stato di quegli 
            anni forse avrei abboccato subito, salvo intuire dubbi sulla registrazione, 
            troppo pulita e precisa rispetto al suono di quegli anni. Si, forse 
            questo fattore mi avrebbe fatto la spia.
 
 La band composta da Ostap Molyayko (voce e chitarra), Alexander Sedov 
            (basso), Sergei Telipko (batteria) ed Ivan Bybnikov (chitarra), si 
            forma nell’estate del 2010 e suona un Hard Rock dalle influenze 
            Glam di matrice svedese. Debuttano nell’ottobre del 2011 con 
            un EP di tre tracce dal titolo “First Run”. Notati da 
            Stefano Gottardi della Street Symphonies, i giovani artisti dimostrano 
            il proprio talento nel miscelare le forti attitudini Hard Rock, anche 
            in stile AC/DC, con passaggi più cruenti e crudi, come ci insegna 
            il famigerato Hard Blues dei devastanti Motorhead.
 
 Poco da dire, le dieci tracce che compongono “Served Hot” 
            trascinano, sono sensuali, sporche e ruffiane, peccato soltanto per 
            una latitanza di assolo di chitarra, sempre apprezzati nel genere 
            al momento opportuno. Questi servono per spezzare l’ascolto 
            e dare una spinta in più, altrimenti il tutto risulta martellante 
            e privo di cambi emotivi. Non che ne sia totalmente privo, intendiamoci, 
            tuttavia qualcosa in più su questo lato si poteva fare, anche 
            perché quando lo fanno gli riesce bene!
 
 A compensare giungono le buone melodie, ritornelli gustosi e riff 
            azzeccati. Un brano che tengo a sottolineare è “(One 
            More) Punk Rock Anthem”, trascinante e chirurgico. Come l’iniziale 
            “Riot Radio”, “Whit Widow” gode di un buon 
            groove ed una cura per la melodia sopra alla media. Altra pedalata 
            è “When Nature Calls”, unta e bisunta, di anni 
            ’80 grondante ad ogni nota. “Burn (Nothing In The End)” 
            è anthemic, altra ottima prova del quartetto in ambito coesione. 
            Cosa strana di “Served Hot” è la mancanza di una 
            ballata strappacuore, arma spesso usata dalle band metalliche, Scoprions 
            docet. Comunque sia, i Jhon Galt ci sanno fare ed in un genere come 
            l’Hard Rock non è che ci si deve inventare nulla, per 
            cui va bene così, basta e avanza. MS
 
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