I brasiliani Khallice sono nati nel ’94 e hanno sudato le fatidiche
sette camice per arrivare a questo disco di debutto, originariamente
uscito nel 2003 per una piccola label. Oggi l’americana Magna
Carta ristampa questo lavoro e lo distribuisce su larga scala, evidentemente
deve avere i numeri giusti per un riconoscimento di questo spessore.
In effetti The Journey è un disco che cattura fin da subito
e gli amanti del prog metal sapranno di certo apprezzare la vena creativa
di questi cinque musicisti.
I punti di riferimento da cui partono i nostri sono sempre i soliti:
Rush, Queensryche, Fates Warning e Pain Of Salvation. Il singer poi
ha una timbrica molto vicina a quella di La Brie, in certi frangenti
sembra proprio di sentire fantasmi del teatro celarsi tra i solchi
di questo dischetto. Comunque devo riconoscere che il gruppo ha talento
da vendere ed è capace di esprimere un songwriting piuttosto
originale, con varie soluzioni interessanti, ma per lo più
il materiale che si ascolta suona un po’ datato e non ha ancora
la forza di competere con i grandi nomi del genere. Potrei citare
i vari titoli dei brani, ma sono tutti molto validi, in particolare
quello che mi è piaciuto di più è l’ultimo
“Stuck”, che è anche quello più recente
e che quindi fa ben sperare per il futuro della band. Stacchi, controtempi
e cambi continui sono gli ingredienti che non mancano di certo, con
alcuni assoli meno prevedibili di quanto si possa pensare.
Di certo il gruppo ha la possibilità di crescere e The Journey
promette veramente bene per essere un debutto, un prog metal molto
energico e dinamico con delle linee melodiche vincenti e un po’
diverse dal solito. Queste sono doti non comuni e i Khallice possono
conquistare con facilità il cuore del pubblico prog metal,
ma arrivano sul mercato in un momento in cui il genere sembra aver
rallentato, speriamo che non sia troppo tardi e che questi ragazzi
possano esprimere tutto il loro talento. Il “viaggio”
è iniziato. GB
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