Il batterista Pat Mastellotto (King Crimson, Stick Men, Steven Wilson, 
            Alan Holdsworth) è uno di quei musicisti instancabili, sempre 
            pieno di progetti e non ha certo bisogno di grandi presentazioni. 
            Per questo nuovo capitolo del suo percorso artistico si è accompagnato 
            al chitarrista slovacco David Kollar, nove album solisti, diciotto 
            partecipazioni in colonne sonore e molte collaborazioni con artisti 
            a me sconosciuti, e al trombettista italiano Paolo Raineri, che si 
            ispira alla scena nu-jazz scandinava e ha ottenuto un award con i 
            Junkfood 4tet. Con una simile formazione la musica contenuta in questo 
            disco non poteva che essere sperimentale, fortemente, fra free jazz, 
            prog rock e avanguardia. 
             
            Il viaggio inizia con “Dirty Smelly” i suoni sono subito 
            urgenti, ruvidi, cupi, nella bio si parla di Cinematic Industrial 
            Ethno-Rock, francamente è una definizione che mi lascia indifferente, 
            ma la musica no, è qualcosa che entra prepotentemente nelle 
            viscere, che graffia le pareti dell’anima, con un ritmo dispari 
            dall’ottimo groove ipnotico, si entra in un vertigo da cui è 
            difficile scappare. “37 Forms” è dominata da ritmiche 
            molto complesse, dal sapore etnico, nell prima parte il brano è 
            molto più soft del precedente, ne conserva il senso del mistero, 
            pur non essendo così ardito, ottimi gli interventi di tromba 
            di Raineri, poi la temperatura sale grazie ad un ottimo crescendo 
            di intensità. “A Collision of Fingerprints” è 
            semplicemente spettacolare, post moderna, le ritmiche sono spaziali, 
            suoni urbani e notturni fortemente inquietanti. A sorpresa arriva 
            un brano dal sapore Wilsoniano, la notturna “She Sat in Black 
            Silt” ricorda alcune melodie del geniaccio inglese, anche se 
            inserite in un contesto che Steven non credo abbia ancora esplorato. 
            “2CFAC” è molto sperimentale, tra free jazz e avanguardia, 
            con suoni post moderni dal sapore elettronico, che danno al tutto 
            un fascino notevole. In “God Has Left This Place” ascoltiamo 
            varie voci, per lo più spocken, di Raineri, Leashya e Bill 
            Munyon, il senso di mistero e di dramma sono sempre più in 
            rilievo, del resto la trama sottostante si basa su una detective story 
            e devo dire che è resa con grande efficacia. Con la prima parte 
            di “Pasquinade” si respira un po’ di luce, le atmosfere 
            oppressive precedenti lasciano spazio a suoni carichi di una poetica 
            serena, dominata dalla chitarra e dalla tromba, poi anche in questo 
            caso troviamo un ottimo crescendo e tutto si arricchisce di particolari, 
            che groove da brividi. “Abrazo” è un intermezzo 
            microscopico, che lancia “Afterbirth”, altro brano abbastanza 
            atmosferico, ma che ha degli inserti Krimsoniani di grande potenza, 
            prog all’ennesima potenza, finale pazzesco. Chiude questa maratona 
            “Inciting Incidents”, torna la voce cavernosa del narratore 
            che chiude, senza altri suoni, un viaggio inquietante e affascinante 
            al tempo stesso. 
             
            Album veramente ricco, superlativamente suonato, prodotto in modo 
            impeccabile, certo si rivolge ad un pubblico dalla mente aperta, disposto 
            a lasciarsi sorprendere e a cambiare il proprio punto di vista musicale, 
            ma quante soddisfazioni sonore vengono elargite da questi tre grandi 
            musicisti. GB 
             
            Sito Web 
            
  |