E’ con estremo piacere che mi trovo a narrare le vicissitudini
Progressive di una nuova band italiana, a testimonianza che il genere,
malgrado le esili vendite, non cede passo. Infatti il Prog da noi
è rivolto ad un pubblico di irriducibili cultori, come se la
ricerca dei suoni, i viaggi mentali e le emozioni forti non siano
più alla portata di tutti. Probabilmente non è solo
un discorso mediatico o di pubblicità, oggi poi con internet
si può sopperire a questa cosa, credo piuttosto sia la pigrizia
e la voglia di “non pensare” degli individui che sta tristemente
dilagando sempre più. Ma il genere stesso, negli anni è
comunque quasi sempre rimasto sussurrato, di culto e le band stesse
hanno sempre rivolto lo sguardo verso la fonte degli anni ’70,
suggendone l’essenza. Tuttavia la bellezza di questa musica
è cristallina, tanto che il tempo sembra non avere incidenza.
L’ottima Lizard tira fuori dal cilindro l’ennesima sorpresa,
il Labirinto Di Specchi e gia dal nome si ha la certezza di avere
in mano un prodotto di Prog Italiano. La bella copertina riesce a
descrivere l’inquietudine e la spiritualità dell’album,
il quale narra proprio dello spirito degli Indiani d’America
in un contesto cosmico. Spazio dunque alla Psichedelìa , a
tratti supportata anche da un violoncello, quello dell’ospite
Michele Sanchini, tanto per rappresentare comunque la mediterraneità
del suono. Per entrare maggiormente dentro il discorso anni ’70,
il quintetto composto da Raffaele Crezzini (batteria), Gabriele Marroni
(chitarra), Filippo Menconi (basso), Andrea Valerio (tastiere) e Diego
Samo (Tastiere Synth), si avvale della collaborazione di una voce
narratrice storica, quella di Paolo Carelli dei Pholas Dactylus.,
gradito ritorno.
Chitarre elettriche spezzano spesso il suono onirico delle tastiere
synth, rendendo l’ascolto un volteggiare nell’immaginifico
tratto cosmico della mente. I ritmi cambiano, il suono evolve su se
stesso, alternando Prog classico a Space Rock, per un risultato appagante
nella sostanza. Si rimane piacevolmente colpiti davanti alle fughe
strumentali di “La Maschera Della Visione”, brano che
farà scorrere i brividi sulla pelle dei nostalgici dei tempi
che furono. Spazio a composizioni ipnotiche e fuorvianti come “Fantasia”,
dove la Psichedelìa si lascia stuprare da una chitarra classica
e dal Reggae! Crescendo musicale che riempie l’ascolto, grazie
anche ad una più che discreta produzione sonora. E’ alquanto
sorprendente che giovani band all’esordio siano portatrici del
credo sonoro degli anni ’70, più delle band storiche
per eccellenza, le quali pur rimanendo in ambito Progressive, hanno
modificato il proprio stile in base alla realtà di oggi.
Passione per una musica che ha segnato indelebilmente le sorti del
Rock facendolo uscire dal corpo, sede nella quale generalmente è
sempre risieduto. Per questo mi sento di consigliare l’ascolto
di “Hanblecheya”, assaporate anche voi l’essenza
dello spirito, lasciarsi andare è anche un modo di giustificare
l’esistenza della musica, una volta tanto viatico per uscire
dallo stress giornaliero di una società che corre sempre di
più e che non ha il tempo di soffermarsi per riflettere. Lo
spirito indiano aleggia su di noi e nella musica del Labirinto Di
Specchi. Interessanti e coraggiosi. MS
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