Vengono dalla Toscana e questo è il loro primo album. Sono
stati notati al Trasimeno Prog Festival per il loro sound fresco e
“non tradizionale”. Il loro intento è di fare un
prog non ancorato al passato, ma senza voler stravolgere tutto. Sono
un classico quartetto con Carmelo Arena alla voce e tastiere, Pino
Polistina alle chitarre, Matteo Tuci al basso e Andrea Bruni alla
batteria.
La prima sensazione che ho avuto alla presentazione del disco è
stata di un prog stile anni ’90, che mescola diverse sonorità,
alcune prese dalla tradizione, altre dal new prog vedi il tipo di
suoni delle tastiere, ma avendo alle spalle anni di musica è
facile trovare indizi su quelli che possono essere gli ascolti privilegiati
di questi musicisti, ad esempio nel brano acustico che hanno suonato
a Milano ho sentito qualcosa anche dei Led Zeppelin. La cosa che conta
veramente è il tocco personale, il gusto che hanno saputo infondere
nelle composizioni proposte, perché è praticamente impossibile
fare musica senza riferimenti.
L’avvio è affidato al brano “Giostra”, che
è introdotto da un giro di tastiere che precede l’ingresso
imperioso della sezione ritmica, poi la chitarra prende il sopravvento
e già possiamo trovare le prime conferme a quanto ho detto
sopra, prog metal e sonorità settantiane vengono mescolate
in strutture complesse con un suono potente e ricco di fantasia, merito
di una sezione ritmica molto dinamica. Il cantato in italiano scorre
bene e denota una ricerca profonda anche nei contenuti lirici. “Mantide
Agnostica” ha un avvio molto epico, per poi diramarsi in continue
variazioni ritmiche e d’atmosfera, sicuramente uno dei pezzi
dove la band mostra maggiormente le proprie abilità tecniche,
poi c’è questo gioco di contenuti sulla contrapposizione
tra il nome comune, mantide religiosa, e il fatto che si tratti di
uno degli insetti più letali in circolazione. “Illogica
Distanza” è una ballata semiacustica molto riuscita,
ha un tocco onirico che eleva il pezzo. “Interludio” ha
dei connotati cinematografici, un brano strumentale che inizia come
un lento e propone un crescendo elettrico non troppo invasivo, suonato
molto bene, ma non aggiunge molto al disco. In “Elettro Drama”
sperimentano coi suoni ed escono varie idee interessanti. “Stato”
invece è il brano più duro ed aggressivo del disco,
la parola “stato” viene declinata in tutte le sue accezioni,
questo diventa pretesto per riflettere sull’attualità
e su noi stessi, uno dei momenti più ambiziosi e riusciti del
disco. Il viaggio si conclude con “Acqua da Marte”, fra
i momenti ritmici più complessi e intriganti, con un testo
graffiante, ottima conclusione di un disco profondo e curato con passione.
Questa band debutta con un disco che appare già maturo, sono
insieme da un paio di anni ma sembrano già in grado di competere
con formazioni più navigate. Bravi! GB
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