Rock Impressions
 

I LINGUAGGI DEL ROCK E LE DEVIANZE GIOVANILI
Di Giancarlo Bolther


Questo articolo è stato presentato in alcune conferenze e apparirà in forma ridotta sui numeri di dicembre 2010 e gennaio 2011 sulla rivista AGE Stampa.
Sono disponibile per serate e incontri (sia con giovani che con adulti) sui temi trattati in questo articolo o su tematiche correlate.
Per contattarmi potete scrivere a gbolther@rock-impressions.com
Buona lettura.
Giancarlo


Premessa

Un bellissimo film che qualche anno fa aveva colpito profondamente l’immaginario collettivo, è stato l’Attimo Fuggente. La storia penso sia nota a tutti, in un prestigioso college arriva un nuovo insegnante dal curriculum brillante, che dimostra subito dei metodi di insegnamento poco “ortodossi”, anzi diciamo pure rivoluzionari, mettendo al centro del metodo di insegnamento non più la materia insegnata, ma il giovane. Questo porta un gruppo di ragazzi a prendere coscienza delle proprie potenzialità espressive e si crea un circolo dove questi iniziano a sperimentare nuovi linguaggi. Uno di questi giovani ama il teatro e soprattutto recitare, ma il padre, un personaggio fortemente autoritario, ha altri progetti per lui e impedisce al giovane di perseguire le proprie inclinazioni, nonostante i buoni risultati scolastici del figlio e nonostante questo dimostri un’attitudine spiccata per il teatro. Il figlio, totalmente succube, non riesce a comunicare col padre e alla fine sceglie la peggiore delle risposte possibili, il suicidio.
Di chi è la colpa? Chi ha spinto il giovane verso questa scelta “senza ritorno”?
La colpa è una “brutta bestia”, non la vuole nessuno, quindi è sembrato molto ragionevole per tutti (o quasi) che la colpa fosse da attribuire al giovane professore che, coi suoi metodi innovativi, aveva messo nella testa del giovane dei “tarli”, che lo avevano portato a disobbedire ai comandi del padre (padrone), indebolendone la personalità fino al compimento del gesto estremo. Oppure la colpa è stata del padre, che non ha saputo comprendere le aspirazioni del figlio, che sul palco si trasforma da bruco in splendida farfalla, e che lo ha continuamente umiliato e soffocato? Ma il padre amava il figlio, lo amava tantissimo e per lui voleva una vita sicura, con una “buona” posizione sociale, un “buon” lavoro, una bella carriera, un futuro certo insomma, quello che più o meno vogliono tutti i padri e tutte le madri di questo mondo… amava talmente il figlio che il dolore per la sua perdita lo ha portato a compiere lo stesso terribile gesto autodistruttivo.
Allora la colpa è dell’insegnante che ha fatto emergere le potenzialità del ragazzo o di chi le ha represse? O forse la colpa è del giovane stesso, troppo fragile e insicuro, incapace di tirar fuori le cosiddette “palle”? Un debole che non ha saputo combattere per quello in cui credeva?
Non esiste una verità uguale per tutti e ognuno darà una risposta diversa a queste domande, ma sono convinto che quando accade qualcosa del genere ognuno di noi dovrebbe fare un serio esame di coscienza prima di cercare i possibili capri espiatori dei propri errori.


La grande rivoluzione del ‘900

Prima della Seconda Guerra Mondiale non c’erano i giovani come categoria sociale, non c’erano i teenagers, si passava dalla fanciullezza all’età adulta, un ragazzino di tredici, quattordici anni (quando non prima) era già pronto per lavorare, quindi non c’era “tempo libero”, almeno non per le masse, questo era bene esclusivo di pochi privilegiati. Con l’ingresso dell’industrializzazione nella sua fase più moderna, il tempo libero ha cominciato a diffondersi velocemente, probabilmente anche per controbilanciare i ritmi alienanti del lavoro in fabbrica. Non esistendo i teenagers, di conseguenza non esisteva una moda per i giovani, non c’era una musica per i giovani, non c’era un mercato specifico. Poi non bisogna dimenticare che sempre in quel periodo arriva nelle case delle famiglie uno dei più potenti mass media: la televisione, che ha avuto un ruolo fondamentale nella costruzione del processo democratico contemporaneo. Quello che è avvenuto dagli anni ’50 in poi è stata una delle più grandi e repentine rivoluzioni culturali di tutti i tempi, un fenomeno così recente, che è ancora oggetto di mutamenti imprevedibili e poco compresi. Oggi, dopo circa sessant’anni, un tempo storico relativamente breve, si è sviluppato un mercato tutto dedicato ai giovani, che in certi settori ha superato come numeri e importanza quello del mondo adulto. Siccome tutto gira attorno al mondo dell’economia, ecco che i giovani sono diventati una categoria sociale molto importante. Il Rock è nato proprio negli anni ’50 ed è stato il primo genere musicale per i giovani, diventando fin da subito la voce e il simbolo di questa rivoluzione.

Il dialogo generazionale.


Il dialogo generazionale è sempre stato problematico, non è un fenomeno moderno, anzi, basta scorrere queste interessanti citazioni per averne un’idea:
Nemmeno i tempi sono più quelli di una volta. I figli non seguono più i genitori.
(tratto da un papiro egizio di 5000 anni fa)
Questa gioventù è guasta fino al midollo; è cattiva, irreligiosa e pigra. Non sarà mai come la gioventù di una volta. Non riuscirà a conservare la nostra cultura.
(tratto da un frammento di argilla babilonese di 3000 anni fa)
Non nutro più alcuna speranza per il futuro del nostro popolo, se deve dipendere dalla gioventù superficiale di oggi, perché questa gioventù è senza dubbio insopportabile, irriguardosa e saputa. Quando ero ancora giovane mi sono state insegnate le buone maniere e il rispetto per i genitori: la gioventù d’oggi invece vuole sempre dire la sua ed è sfacciata.
(Esiodo, poeta greco del 700 avanti Cristo)
Il mondo sta attraversando un periodo tormentato. La gioventù di oggi non pensa più a niente, pensa solo a se stessa, non ha più rispetto per i genitori e per i vecchi; i giovani sono intolleranti di ogni freno, parlano come se sapessero tutto. Le ragazze poi sono vuote, stupide e sciocche, immodeste e senza dignità nel parlare, nel vestire e nel vivere.
(Pierre l’Eremite, predicando la prima crociata nel 1095)
Quanto suonano moderne queste citazioni.

I mutamenti di cui abbiamo parlato hanno reso ancora più problematico il dialogo fra generazioni, che da fattore per lo più privato è diventato un vero fenomeno di massa, perché la televisione ha consentito la diffusione e la condivisione delle idee. La crisi di valori del tempo moderno ha portato i giovani a rifiutare il mondo adulto come modello e sono nate le cosiddette “controculture” o “subculture” giovanili (gli hippy, i punkster, i metallari, i darkettoni, gli skater, i gamers, i bikers, i rappers, i graffitari, gli emo, …), fenomeni di aggregazione spontanea attorno ad un mondo di valori spesso di difficile interpretazione per il mondo adulto. Alcuni teorici parlano di “volgarizzazione” della cultura “alta”, come frutto della massificazione, attribuendo la responsabilità prima di questo processo, considerato come degenerativo, ai mass media, che avrebbero causato un sostanziale e complessivo impoverimento dei linguaggi (a livello statistico i giovani oggi conoscono ed usano un numero di vocaboli sempre più ristretto) e dei gusti, in altre parole denunciano un deterioramento progressivo del livello culturale medio delle masse e in seconda battuta anche delle forme artistiche giovanili e quindi del Rock, reo di aver “traviato” le coscienze dei giovani e di aver accelerato questo processo degenerativo.

In realtà quello che è successo è che il mondo adulto coi suoi valori ha via via perso credibilità, mentre il Rock in qualche modo lo ha sostituito nell’immaginario giovanile. In questo senso la televisione ha giocato un ruolo decisivo, in quanto ha divulgato su larga scala gli orrori bellici, si pensi in particolare a quelli legati alla guerra del Vietnam, poi sono arrivati gli scandali politici, l’abuso delle droghe nello sport e le incoerenze di ogni genere, causando una progressiva perdita di valori. La televisione ha amplificato a dismisura la portata emotiva delle “cattive” notizie, basta guardare uno qualsiasi dei telegiornali (o anche scorrere la pagine di cronaca nera dei principali quotidiani), sono solo brutte notizie, spesso inquietanti e troppo spesso inutilmente dettagliate nei particolari più macabri o scabrosi, con una morbosità che va molto oltre il diritto di cronaca. Inoltre non erano state mantenute le lusinghiere promesse del boom economico post bellico, le promesse di una giovinezza senza fine (“Forever Young” recitava una famosa canzone) e di una ricchezza inesauribile e alla portata di tutti. Molti hanno visto il sostanziale fallimento dell’American Style Life. A chi credere? A quali valori aderire? Al mondo sempre più corrotto della politica? Ai perbenisti che nel privato ne combinano di ogni colore? Al mondo dello sport che da anni sembra incapace di dare un’immagine “pulita” di se? Al mondo religioso che è in perenne crisi e sempre più spesso il Papa deve “scusarsi” di qualcosa… Questo continuo processo disgregativo dei valori ha spinto i giovani verso un individualismo esasperato con effetti deleteri che sono sotto gli occhi di tutti.

Chi è responsabile delle devianze giovanili?

Senza voler approfondire troppo l’analisi possiamo dire che in certi ambienti c’è un sospetto, nemmeno tanto velato, che l’industria del business abbia utilizzato il Rock per il dominio delle masse giovanili e le teorie a sostegno di queste tesi hanno anche un certo fascino, non sorprende quindi constatare il grande seguito che hanno tutt’oggi. Ma per riallacciarmi alla premessa iniziale, non è che si stia cercando un “colpevole”? Un capro espiatorio? E che il Rock sia, come il povero professore, un colpevole “perfetto”?

Riguardo alle ipotesi di una regia occulta del mondo dell’economia in tutto questo processo, possiamo portare il caso di alcune aziende che hanno prodotto articoli diventati improvvisamente di moda e che quasi sempre sono state travolte dal successo, arrivato del tutto inaspettato, come è avvenuto ad esempio per la Timberland, che negli anni ’80 ha visto crescere a dismisura gli ordinativi e non riuscendo più a soddisfare la crescente domanda del mercato, prese la decisione di aumentare il prezzo di vendita. Casi come questo sono molto frequenti, inoltre non bisogna dimenticare che molti giovani creano delle mode “fai da te” e il mondo dell’economia si adegua di conseguenza. Tutto questo porta ad escludere l’ipotesi che il mondo dell’economia riesca sempre a manipolare i consumatori, anche se è vero che mettono in atto tutte le strategie possibili per spingere le vendite di determinati prodotti.

Come sappiamo il Rock nasce in America nei primi anni ’50 e diventa immediatamente modello per le nuove generazioni. Quello che succede negli USA ancora oggi diventa trend dopo alcuni anni nei paesi di tutto il mondo occidentale. Ma inizialmente si trattava solo di musica di intrattenimento, il look era ancora abbastanza tollerabile, in qualche caso pittoresco, ma che conservava ancora una certa aria di “presentabilità”, c’erano ancora artisti che si esibivano con vestiti eleganti e con giacca e cravatta. Le trasgressioni di Elvis e di Jerry Lee Lewis si limitavano a dei movimenti di anche e bacino e a pose da star, scandalose per l’epoca, ma che oggi farebbero sorridere di fronte ai vari Marilyn Manson e Lady Gaga.

Negli anni ’60, prendono rapidamente piede i gruppi dei cosiddetti “urlatori”, sono arrivate band aggressive e sfrontate, politicamente scorrette come i Rolling Stones di Mick Jagger, i Kinks coi testi basati su argomenti fino ad allora tabù, mentre gli Who nel brano My Generation gridavano “vorrei morire prima di diventare vecchio”. Ecco che si inizia a celebrare il rifiuto sempre più radicale del mondo adulto, rifiuto che esplode in tutta la sua carica rivoluzionaria sulle note del rock.

Poi sono arrivati gli anni ’70 e il rock ha preso una forte accelerazione. A livello stilistico nascono dei nuovi generi musicali come il viscerale Hard Rock, come l’eclettico e colto Progressive, e come la trasgressiva Psichedelia, basata sul pesante consumo di allucinogeni, mentre declinava il pacifismo bucolico dei poeti come Dylan, Donovan e Baez. Ma quello che ha fatto più rumore (in tutti i sensi) è stato proprio l’Hard Rock, le immagini di Hendrix che brucia la chitarra sul palco sono state sconvolgenti. Fra i giovani si diffonde a macchia d’olio la cultura lisergica, il consumo di stupefacenti, mentre a livello di spiritualità i giovani si rivolgono all’oriente sull’esempio dei Beatles e di molti altri. La contestazione diventa totale e il rifiuto assoluto. Una cosa interessante da notare è che il consumo di musica è vissuto in modo “collettivo”, si va ai concerti che sono dei raduni, si ascolta “insieme” la musica, oggi questo fenomeno è più individuale.

Alla fine degli anni ’70 arriva il Punk, che porta lo scontro generazionale su toni particolarmente aspri, i giovani non si accontentano più di urlare la loro rabbia, la esprimono anche col look e con attitudini autolesioniste, come l’uso di spille, antesignane del moderno piercing.
La violenza del Punk si esaurisce abbastanza in fretta, per lasciare posto a nuovi generi musicali come l’Heavy Metal e la New Wave, anche se il movimento non è mai morto e negli anni si è evoluto in forme più moderne come l’Emo e il Post Rock.


Verso la fine degli anni ’80 il metal si evolve in molte forme nuove di cui alcune molto estreme come il Black Metal, il Death Metal, il Grind Metal, che urlano sempre più forte il disagio, sembra quasi che l’aggressione sonora non sia mai abbastanza “forte” e diventa una gara a chi ha il sound più feroce possibile. Dal lato New Wave prende piede il Gothic Punk o Dark Wave, che si nutre di tematiche esoteriche dai sapori veramente molto forti. Per contrasto esiste tutta una scena che potremmo definire “easy listening” o musica del disimpegno, musica only for fun, che attraversa tutti i generi musicali con band che spesso durano il tempo di un disco o anche solo di qualche singolo di successo, un successo sempre più effimero, che crea idoli inconsistenti.

I giovani sono creativi per indole ed ecco che negli anni ’90 arrivano dei nuovi generi musicali, che si sovrappongono a quelli, ormai già vecchi, degli anni precedenti (che comunque mantengono sempre una buona fetta di pubblico). C’è il violento Crossover e il Nu Metal che mescolano il funky più duro con il già rabbioso metal, compare il Grunge della scena di Seattle, che riporta l’attenzione su un rock essenziale, poi dilaga l’Hip Hop nato nei quartieri più poveri americani, in particolare portavoce del disagio delle comunità afro americane.

Ma quello che succede dagli anni ’90 in poi è un fenomeno nuovo che segna una decisa frammentazione dei generi musicali, una vera babele, non ci sono quasi più i grandi movimenti come il Punk o l’Heavy Metal o il Progressive, ma ci sono decine e decine di sottogeneri musicali, ognuno con un suo specifico pubblico, che ha proprie caratteristiche.

I giovani di oggi sono figli dei giovani contestatori degli anni ’60, la cosa interessante è vedere che le problematiche non sono cambiate, esiste sempre e comunque un divario e una incomunicabilità di fondo fra mondo adulto e giovanile. Il secondo si sviluppa e cambia talmente in fretta da non consentire agli adulti di restare al passo coi tempi e soprattutto permangono le paure nei confronti di pericoli più o meno presunti di cui il Rock sarebbe portatore. Queste “paure” sono naturali, in quanto gli adulti di oggi, nonostante abbiano visto nascere il Rock, dimostrano di non conoscerlo, almeno non nelle sue forme più moderne, e si ha sempre un po’ paura di quello che non si conosce.

Ovviamente quello che fa paura non è il Rock ‘n’ Roll degli anni ’50, quello spaventava ben altre generazioni, che bruciavano in piazza i dischi di Elvis, oggi fanno paura i Rave Party, il metallo satanico, l’autolesionismo Emo, la diffusione della cultura dello sballo, le nuove droghe sintetiche, la cocaina. È recente la notizia dell’esclusione di un noto cantante dal festival di San Remo per aver dichiarato di aver fatto uso di stupefacenti come antidepressivi. Una scelta che a molti è parsa bigotta e anche piuttosto ipocrita, ma che è sicuramente sintomatica.

Un’altra cosa piuttosto interessante da notare è che moltissime rock star particolarmente trasgressive, come ad esempio Alice Cooper e Marilyn Manson, ma possiamo ricordare anche altri personaggi dello spettacolo come Moana Pozzi, hanno alle spalle un’educazione particolarmente rigida, nel mondo americano molti provengono da gruppi cristiani radicali come i mormoni o sono figli di pastori, ma il rigore (spesso ricordato come eccessivo) da un lato non è servito a preservare tali personaggi da certi comportamenti e da un altro lato sembra molto più probabile che abbia invece contribuito a spingerli verso la direzione artistica poi intrapresa.

Riassumendo possiamo dire che il Rock, in quanto espressione del mondo giovanile, ha messo in luce linguaggi e aspirazioni dei giovani, a volte seguendone le inclinazioni, a volte anticipandole. Ha indubbiamente funzionato come una enorme e potente cassa di risonanza delle ambizioni e delle frustrazioni di intere generazioni di ragazzi. Il Rock è il grido che il mondo dei giovani lancia contro la secolarizzazione del mondo adulto. È un grido di allarme, di denuncia, di disagio, di malessere, non può quindi essere rassicurante e tranquillizzante, perderebbe la sua forza espressiva ed esistenziale, di conseguenza tanto maggiore è il disagio, tanto più forte sarà il grido.

Il vasto mondo delle subculture giovanili.

Il termine “subcultura” ha di per se un’accezione negativa e dispregiativa, ma l’intenzione dei sociologi è di definire dei “sottogruppi” culturali e non necessariamente una involuzione del sistema culturale esistente, anche se è vero che alcune subculture (non tutte) sono portatrici di disvalori talvolta preoccupanti o quantomeno considerati potenzialmente pericolosi, si pensi ad esempio al satanismo, che spesso occupa il mondo della cronaca nera, con fatti non propriamente edificanti. Parimenti un termine molto in voga fin dalla fine degli anni ’60 è quello di “controcultura”, che descrive gli stessi fenomeni, anche se pone l’accento sulla cotrapposizione fra mondo giovanile e mondo adulto.

Comunque sia il mondo delle subculture o delle controculture è un vero labirinto, in particolare per gli adulti che a fatica ne comprendono i linguaggi e di conseguenza i possibili effetti. Questa difficoltà si esprime spesso con paure e diffidenze da parte degli adulti che, dimenticandosi di essere stati a loro volta dei giovani, possono diventare dei proibizionisti e che nella migliore delle ipotesi fanno fatica ad accettare i “nuovi” gusti dei figli, considerati come trasgressivi e pericolosi.
Anzi non è infrequente che genitori molto “aperti” da giovani alle nuove mode, diventino da adulti molto proibizionisti nei confronti dei loro stessi figli.
Cerchiamo ora di offrire alcuni veloci spunti di riflessione su tre subculture giovanili, legate a movimenti musicali, considerate oggi tra le più potenzialmente pericolose. Nella trattazione seguente ritroveremo alcuni concetti che abbiamo analizzato in precedenza e che di conseguenza rafforzano la solidità delle analisi proposte.


Il Rock Satanico

La storia del Rock Satanico ha una genesi piuttosto lunga ed è un fenomeno molto complesso, che fonda le proprie radici nella cultura esoterica ottocentesca, quando si sono diffusi i circoli legati al culto del paranormale e dello spiritismo. Anche nell’Italia massonica ci sono dei precedenti importanti, troviamo uno dei centri più significativi nella Torino dei Savoia, questi, per contrapporsi allo strapotere politico della Chiesa, diedero ospitalità a tutta una serie di personaggi di dubbia reputazione, maghi, esoteristi e spiritisti. Fra i testimoni illustri di questo clima di opposizione troviamo il poeta Carducci con la sua “Ode a Satana”, dove si respirava tutto il malessere dell’epoca nei confronti della Chiesa, un malessere diffuso e condiviso in molti ambienti. Poi sono arrivati personaggi come il temibile Aleister Crowley, considerato come il padre del satanismo moderno, i cui scritti divennero molto popolari fra i giovani della controcultura degli anni ’60, tanto da finire immortalato sulla copertina del disco dei Beatles Sgt Pepper, i libri di Crowley erano fra le letture consigliate tra i giovani hippie, in quanto considerati “liberanti”. Come parimenti è diventata molto popolare tutta la letteratura di protesta e di rifiuto dei modelli di cui abbiamo parlato sopra.

Poi non bisogna dimenticare che il Rock nasce dal Blues, che a sua volta fonda le sue radici nelle musiche legate ai riti animisti woodoo, importati in America dagli schiavi di colore. Ora si potrebbe argomentare che la sofferenza patita dal popolo africano non poteva certo sfociare in canzoncine allegre e piene di aspettative per il futuro, piuttosto è stata una specie di grande pianto collettivo, che ha trovato nelle tinte intimiste e spesso liberatorie del Blues la propria voce più sincera. Ma ai detrattori del Rock queste argomentazioni interessano molto poco, tanto basta per etichettare il Rock come musica della magia nera e quindi del diavolo.

Da un punto di vista puramente teologico, con buona pace di tutti gli integralisti religiosi del caso, il Rock, come il Blues, non possono essere la musica del diavolo, semplicemente perché il diavolo non è “creatore”, solo Dio è creatore, mentre il diavolo può solo “usare” le cose e non crearle. Ma senza volerci addentrare in questioni così profonde, resta il fatto che i giovani, grazie al cielo, in questi sessant’anni non sono diventati tutti satanisti e che gli omicidi “satanici” (che pure esistono) sono comunque percentualmente di molto inferiori rispetto agli omicidi commessi in altri contesti, come per esempio quelli che avvengono tra le sempre meno rassicuranti mura domestiche, ancorché cristianamente benedette, e che tristemente occupano buona parte dei telegiornali.

Se si escludono le “simpatie” per il diavolo, l’agelo “ribelle” e quindi simpatico, dimostrate da gruppi come i Rolling Stones, comuni anche ad altre formazioni che suonavano rock blues, il rock satanico quindi conosce una prima diffusione concreta alla fine degli anni ’60 con la comparsa di molti gruppi interessati all’esoterismo, gruppi particolarmente coinvolti sono stati gli inglesi Black Widow, che per un periodo porteranno sul palco alcune parti rituali di una messa nera, i tedeschi Amon Duul II e gli americani Witchcraft, che incideranno addirittura una parte di messa nera su un temibile disco. Poi ci sono i gruppi che hanno nascosto messaggi subliminali dal sapore satanico nei loro dischi, primi fra tutti i Led Zeppelin di Stairway to Heaven, gli Eagles di Hotel California, gli Styx, mentre i Beatles hanno nascosto dei messaggi dal sapore necrofilo, ma i casi sono molti, anche se non tutti così evidenti e facilmente riscontrabili. Anche in questo caso bisogna ricordare che tutte le prove scientifiche, fatte sui messaggi subliminali inseriti nei dischi, non sono mai riuscite a dimostrare che tali messaggi siano in qualche modo percepibili dal cervello umano.

A metà degli anni ’70 è comparso uno dei gruppi esoterici più trasgressivi di sempre, i Throbbing Gristle, inventori della musica industrial, poi sfociata anche in musiche elettroniche molto ripetitive, come la techno, l’acid house e l’EBM, che stanno alla base della moderna musica da discoteca. Difficile descrivere in poche battute l’operato di questi folli visionari capitanati da un certo Genesis P-Orridge, che nella sua vita ha fatto un po’ di tutto ed è considerato fra i più influenti artisti concettuali viventi. In particolare ha fondato la setta TOPY (Temple Of the Pshychic Youth) a cui aderiranno per un certo periodo anche gli italiani Rosemary’s Baby. La cosa singolare è che sembra abbiano cercato di applicare le formule magiche alla musica mettendole in loop, cioè in ripetizione continua, in quanto è credenza che la ripetizione continuata sia funzionale al compimento del rituale magico. Da questi esperimenti coi loop nasce più tardi la musica da discoteca contemporanea.

Negli anni ’80 il rock satanico si diffonde principalmente in due movimenti musicali, l’heavy metal e la dark wave, più becero e commerciale il primo, più filosofica ed esoterica la seconda.
Mentre nel passato molti gruppi cercavano in qualche modo di mascherare o nascondere i propri messaggi, oggi le band in odore di satanismo non mimetizzano più le loro proposte e i loro messaggi risultano molto espliciti come ad esempio fanno i vari Deicide, Impaled Nazarene, Christian Death e King Diamond. Il fenomeno del satanismo non è facilmente verificabile, perché è molto sommerso e nella maggior parte dei casi resta confinato nelle sfere private delle persone coinvolte, solo raramente entra con prepotenza nelle prime pagine della cronaca, con casi spesso agghiaccianti, ma che per fortuna restano percentualmente molto contenuti.


La simpatia per il diavolo espressa dal rock sembra quindi essere stata più una forma di protesta legata alla controcultura degli anni ’60, che in qualche caso ha prodotto delle derive molto tristi, ma che difficilmente si possono addebitare all’ascolto diretto della musica, essendo quasi sempre nate in contesti sociali particolarmente degradati con contorni molto foschi.

La cultura dello sballo, i Rave party

Anche l’utilizzo di droghe legato all’ascolto della musica ha radici profonde, da un punto di vista storico abbiamo i primi esempi nelle culture tribali, con l’ascolto di musiche associate all’induzione in stato di trance, anche attraverso l’impiego di sostanze allucinogene, ma senza voler fare un discorso troppo ampio possiamo dire che il consumo di droghe associato all’ascolto di musica nei tempi moderni ha conosciuto il suo apice negli anni fine ’60 inizio ’70, quando si usavano le droghe per espandere le proprie percezioni sensoriali, erano i tempi in cui si componeva musica sotto l’effetto di allucinogeni, una pratica che ha fatto tante vittime illustri, da Jim Morrison a Syd Barrett, ma anche nella musica classica e nel jazz ci sono diversi casi di artisti che hanno condizionato negativamente la loro vita a causa dell’uso di droghe.

I Rave Party sono il fenomeno più recente di questa lunga tradizione maledetta. I Rave Party sono delle feste illegali che nascono nei primi anni ’80 al ritmo della musica elettronica, nascono generi musicali come l’Acid House, dove “acid” sta appunto all’utilizzo di droghe sintetiche, il cosiddetto “acido”, la Techno, il Drum & Bass, caratterizzate da ritmi incalzanti associati a giochi di luce particolari. I Rave veri e propri, così come li conosciamo, partono verso la fine degli anni ’80 come contestazione socio politica con alcuni elementi fondanti: attacco alla proprietà privata con relativa occupazione di spazi abbandonati e la loro autogestione (questi spazi sono detti TAZ Temporary Autonomous Zone); contestazione delle forme commerciali di musica promulgate dalle discoteche con rifiuto delle forme più consumiste di fruizione di musica; produzione di musica di massa fuori dai canali istituzionali legati alle grandi case discografiche e ai gruppi di potere economico, chiunque deve poter fare musica; percezione sensoriale della musica, per cui è più facile lasciarsi prendere da questa se si è in uno stato di coscienza alterato. Molti di questi valori sono comuni con le controculture degli anni ’60, c’è ancora una volta il rifiuto di fondo del sistema “adulto”. Inizialmente le intenzioni alla base del fenomeno erano molto politiche, non a caso venivano occupate fabbriche e aree industriali, per rappresentare una vicinanza con gli operai disoccupati e le loro condizioni sociali, con uno stretto legame fra suoni provenienti dal mondo del lavoro, dai macchinari, dalle strade e i suoni prodotti dai computer e dai campionatori, con un concetto di musica urbana o industriale. Oggi invece sono andate perse queste connotazioni socio politiche a favore del divertimento a tutti i costi.

L’autolesionismo EMO

La musica EMO deriva dal termine emotional, emotivo, ovvero è musica che punta ad emozionare l’ascoltatore. Come genere musicale la musica EMO discende dal Punk, il movimento nato in Inghilterra alla fine degli anni ’70, già allora questo fenomeno era associato a delle forme di autolesionismo come trafiggersi con delle spille in varie parti del corpo. Poi è venuta la moda del piercing e oggi ci sono sempre più giovani che desiderano sperimentare queste pratiche, che possiamo considerare come autolesioniste.

Ci sono almeno due forme di autolesionismo, la prima è legata alle prove di coraggio, una persona cerca di dimostrare quanto sia forte e “adulta” attraverso il superamento di “prove” dolorose, resistere al dolore, alla paura è una dimostrazione di crescita che attira da sempre l’essere umano. Una volta c’erano i cosiddetti “riti di passaggio” o di “iniziazione”, oggi queste forme nella nostra cultura occidentale sono un po’ sparite, restano solo in piccoli gruppi come ad esempio negli scout con il rito della “partenza”, ma in generale nella nostra cultura questi riti sono stati rimossi. I riti di passaggio avevano una funzione molto importante di gestione del cambiamento dall’età della fanciullezza all’età adulta ed è possibile che la loro scomparsa abbia generato delle forme “alternative” fai da te per dimostrare al mondo quanto si è diventati “grandi”, non è un caso se prendono sempre più piede ad esempio gli sport estremi. Poi c’è una forma molto più preoccupante di autolesionismo, che coinvolge l’autostima, in questo caso la persona non vuole dimostrare coraggio o almeno non è una priorità, l’obiettivo principale è “punirsi” per qualche colpa di cui ci si sente responsabili e procurarsi delle punizioni diventa un atto liberante.

Le forme di autolesionismo punitivo sono diverse e quelle più frequenti riguardano i disturbi alimentari come l’anoressia, la bulimia e il binge eating (mangiare compulsivo), gli psicologi associano le pratiche di autolesionismo in cui ci si procura delle ferite con strumenti da taglio ai disturbi alimentari, perché la radice psicologica è la stessa, le motivazioni che inducono gli individui a cadere in questi comportamenti hanno tutte gli stessi presupposti psicologici.

Il fenomeno dell’autolesionismo associato alla musica EMO sembra abbastanza diffuso, ma se ne conoscono ancora poco i contorni, di fatto la musica in se non lancia messaggi di tipo dichiaratamente autolesionista, sembra più una moda che si è diffusa fra gli appassionati di questo particolare genere musicale. Il fatto rilevante è che indagando sulle motivazioni che spingono le persone all’autolesionismo emergono costantemente alcuni elementi comuni, che riguardano tutti l’autostima e il bisogno di riconoscimento, la musica anche in questo caso può veicolare alcuni comportamenti, ma questi si manifestano se ci sono altri presupposti, senza i quali nessun ascoltatore di musica Emo arriverà mai a procurarsi delle ferite sul suo corpo.

Conclusioni

Allora il rock è colpevole di tutto questo?

Di sicuro oggi i giovani sono molto più informati e sollecitati, ma questo non è colpa del rock, la musica è il mezzo principale con cui i giovani si esprimono e attraverso di questa lanciano i loro messaggi al mondo. Questi messaggi vanno ascoltati e capiti, non giudicati.

Se ci si ferma al giudizio, si crea una frattura che porta inevitabilmente all’incomunicabilità.

Se invece si cerca il dialogo e la comprensione, forse ci accorgeremo che i giovani hanno bisogno di esprimersi e che ascoltandoli li possiamo aiutare a crescere e ad affrontare le sfide che questo comporta. Non ha senso fare crociate contro il rock, perché nel mondo dell’informazione globale sarebbe una guerra persa in partenza e lo spreco di una importante opportunità, quella di dialogare col nostro futuro.

Giancarlo Bolther



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