Con un po’ di colpevole ritardo recupero un disco uscito nel
2018 che credo meriti attenzione. Si tratta del debutto dei bolognesi
Marble House, autori di questo primo sorprendente album. Non è
la prima volta che mi lascio stupire da un debutto, però in
questo caso veramente non mi aspettavo di trovare pezzi tanto convincenti
confezionati da musicisti di cui si sa poco.
I primi riferimenti che vengono in mente sono gli Anglagard e gli
Anekdoten più duri, quindi ovviamente il prog classico più
oscuro e turbolento, non sto parlando di copie ma di affinità,
il desiderio di inserirsi in un filone artistico di valore, dove i
Marble House trovano il loro spazio vitale. Il disco si snoda lungo
cinque tracce profonde e complesse, una “casa” piena di
stanze, quasi labirintica, dove è facile perdersi nel desiderio
di esplorare anche i meandri più reconditi. E gli spiriti avventurosi
troveranno pane per i loro famelici denti, musica ruvidamente fisica,
quasi palpabile, violentemente poetica.
Questo lavoro esprime delle notevoli potenzialità, una band
ha già i mezzi per fare grandi cose. GB
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