Prendete il gothic più efferato, rallentatelo, suonatelo acustico
e otterrete la proposta musicale di questo oscuro gruppo, tacciato
di neonazismo.
Emuli minori dei Death in June, si rifanno ad una musica salmodiante,
una mistura cantilenante e ossessiva. Un finto naturalismo e un finto
folk, sospeso alla ricerca di una ritualità pagana ed esoterica,
che può interessare solo i patiti del genere.
Se la cosa funziona bene per i primi tre quattro brani, al quinto
incomincia a farsi insopportabile, della serie "c'è tanto
bisogno di braccia in agricoltura!". Il titolo del disco, alla
fine, suona più come una condanna, che non una ricerca di significato,
per una musica che di significati ne ha davvero pochi: vuoto, vuoto,
vuoto! La recensione potrebbe anche finire qui. Nove tracce tutte
terribilmente uguali e monotone, una chitarra acustica, qua e là
un synt appena sussurrato, percussioni ridotte all'osso e un cantato
piatto e recitato, un disco così lo potrebbe incidere davvero
chiunque.
Ingredienti perfetti per un rito celebrato a mezzanotte in un bosco,
con un alto consumo di sostanze inebrianti, altrimenti si farebbe
musica migliore, sì perché la musica vera è un'altra
cosa! GB
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