THE PASSION
di Giancarlo Bolther
Il nostro è un
sito che parla di musica, ma avendo una sezione dedicata al rock “cristiano”
non mi sembra poi così fuori luogo fare alcune considerazioni
sull’ultimo discusso film di Mel Gibson.
The Passion ha suscitato un vespaio di polemiche (frutto di un’abile
manovra pubblicitaria?), tanto che alla prima del mio piccolo paese
la sala era esaurita. In effetti questo film è un vero evento,
non è minimamente paragonabile agli oltre cento film realizzati
in precedenza sulla figura del Cristo, ma se un parallelismo mi è
concesso lo farei con Jesus Christ Superstar. JCS non ha certo ne
la forza drammatica ne le pretese del film di Gibson, ma ha segnato
profondamente la storia spirituale giovanile degli anni ’70,
ha interrotto di fatto il dilagare dello gnosticismo generato dall’attitudine
diffusa coi Beatles (che avevano proclamato di essere più popolari
di Gesù) e dall’ateismo pratico e massificante di Woodstock
e ha riportato la figura del Cristo come argomento di discussione
fra i giovani, davvero un grande merito. In questo senso il film di
Gibson è un evento ancora più grande, perché
farà parlare ancora di più.
Pur non essendo un critico cinematografico voglio fare ugualmente
alcune considerazioni tecniche sul film. The Passion è un grande
dramma, la struttura è simile a quella delle tragedie greche,
è un film che ti inchioda. Le inquadrature sono stupende e
ogni immagine contiene molti simboli e molti riferimenti, molti dei
quali sono impossibili da cogliere in un’unica visione della
pellicola. La scelta della recitazione in aramaico e latino è
eccezionale, ti impegna a stare ancora più attento e ti rende
ancora più partecipe. Il coinvolgimento dello spettatore, che
è uno degli obbiettivi principali del regista, è inevitabile,
ti costringe ad un profondo esame interiore (di coscienza?), è
davvero un’esperienza di grande forza emotiva.
I protagonisti della vicenda sono tutti sopra le righe, ciascuno può
essere analizzato e approfondito, ma in particolare la figura di Maria
è superlativa. Ogni attore ha fatto bene, a parte forse la
Bellucci (del resto la sua recitazione non mi è mai piaciuta)
il cui ruolo è simile a quello di una semplice comparsa.
Teologicamente parlando il film NON è un Vangelo, ci sono alcuni
episodi che sono interpretazioni e giudizi del tutto estranei ai testi
sacri, per fare qualche esempio: il tempio che si spacca, il corvo
nella scena della crocefissione, la presenza del diavolo (magistrale,
una delle cose migliori del film), ma ognuno di questi aspetti è
funzionale alla storia.
In definitiva è un film veramente riuscito.
Per quanto riguarda le critiche più forti ne voglio affrontare
almeno due: il presunto antisemitismo e la violenza ritenuta eccessiva
delle immagini.
L’accusa di antisemitismo è ridicola perché Gesù,
Maria, Pietro e tutti gli apostoli erano ebrei praticanti e osservanti,
inoltre Gesù nei Vangeli ha sempre difeso l’Antico Testamento
e la sua tradizione. Ad uccidere il Cristo sono state delle persone,
gente come noi, che con molta probabilità in quel contesto
avremmo fatto esattamente le stesse cose e forse anche peggio. Non
dimentichiamo, però, che Cristo ha affidato la sua Chiesa a
Pietro, l’apostolo così umanamente imperfetto da rinnegare
il “maestro” per ben tre volte nel momento del pericolo!
Ora noi non siamo certo ne meglio ne peggio di Pietro e questo ci
deve consolare profondamente, questo è proprio il messaggio
dei Vangeli che ci mostrano continuamente quanto l’umana imperfezione
non sia un problema, un limite, anzi il problema è la mancanza
di ricerca di un di più, il limite è quando uno di fronte
alla verità di Gesù si volta indietro e se ne va come
ha fatto il “giovane ricco”. Gesù è stato
ucciso dall’ipocrisia, dalla falsità, dai giochi di potere,
dall’incapacità dell’uomo ad amare in modo totale,
dall’essere così ciechi e sordi all’amore che non
siamo capaci di riconoscerlo nemmeno quando lo vediamo coi nostri
occhi (questo è anche il messaggio evangelico della resurrezione,
infatti nessuno è capace di riconoscere il Cristo risorto a
partire dai discepoli stessi).
La violenza… i romani erano abituati a guardare compiaciuti
gente sbranata dai leoni, provate a pensare a come dovessero essere
le carni dilaniate dai morsi delle belve, al rumore delle ossa che
si frantumano… secondo voi una flagellazione poteva essere uno
spettacolo più “impressionante” di questo? Io non
credo, del resto l’uomo sta dimostrando anche nei giorni nostri
la sua brutalità in tante guerre dimenticate in molte parti
del mondo, ci sono persone che massacrano i bambini col machete! Del
resto al tempo di Gesù c’era la convinzione che i condannati
a morte fossero meritevoli delle pene che subivano e nel delirio di
quella esecuzione il Cristo non sfuggiva certo a questa regola. Il
problema è che noi non vogliamo vedere la realtà di
questi orrori, fintanto che questi fanno parte della finzione cinematografica
di un film splatter vanno bene, ma la vita reale è un’altra
cosa, tutto deve essere “bello” e deve farci “stare
bene”, dobbiamo essere in “armonia” col nostro corpo,
dobbiamo essere dinamici, scattanti, in forma, dobbiamo essere “amici”,
belli come le “veline”, simpatici come i calciatori, anche
noi “saremo famosi”, anche se fossimo stupidi e antipatici
possiamo essere accolti nella “casa” del grande fratello.
Questo è drogare la realtà, è la negazione del
reale, è totale immaturità! La violenza fa male, fa
molto male, spesso fa così male perché abbiamo paura
della nostra stessa aggressività e non è che si può
risolvere questo nascondendoci in un mondo edulcorato e pieno di luci
al neon. La realtà va affrontata a viso aperto, solo così
possiamo crescere come persone.
Una critica personale al film è che Gibson ogni tanto da dei
"giudizi", o almeno sembra dare delle condanne e mi riferisco
ai già citati "corvo" e "tempio" che si
lacera. Non bisogna dimenticare che Mel è molto vicino ai Lefevriani,
una corrente cattolica integralista che per un certo tempo era stata
considerata eretica dalla chiesa, queste scene sono effettivamente
un po' discutibili, ma se si tiene conto che The Passion NON è
un quinto Vangelo, allora possiamo ridimensionare il peso di queste
libertà narrative.
Il film di Mel Gibson ci riporta con prepotenza (una volta tanto usata
a fin di bene) coi piedi per terra, ci fa affrontare il reale e il
quotidiano con tutta la sua durezza, ma ci dice anche che l’Amore
è la risposta, l’Amore è la via, l’Amore
è la scelta che tutti dobbiamo fare. Non c’è un
comandamento più grande di questo!
GB
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