Il Qohelet, in italiano Qoèlet, è un libro sapienziale
dell’Antico Testamento, chiamato anche Ecclesiaste, abbastanza
famoso, per intenderci è quello da cui è tratta la frase:
“vanità delle vanità, tutto è vanità”.
Qohelet non sembra essere una persona precisa, perché la radice
del nome indica un generico “predicatore”. Pur essendo
un piccolo libro, in apparenza “minore”, deve la sua diffusione
ai molteplici risvolti psicologici e filosofici contenuti, il tema
è l’illusorietà della vita umana e il testo appare
venato da cinismo e disillusione, che sembrano in contrasto con la
“speranza” evangelica. Questa introduzione può
sembrare accademica ma è fondamentale per capire la profondità
di questo progetto.
Chiariamo subito che non si tratta di un classico disco di musica.
Piuttosto ha il ritmo di una pièce teatrale, con Gianni Venturi
che declama dei testi liberamente ispirati al libro biblico e Alessandro
Seravalle che costruisce delle situazioni musicali a fare da sfondo
ai testi. Il progetto è basato sulla forza delle parole, un
lavoro essenziale, ruvido, secco, spesso caustico. Parole come schegge
di vita che si incarnano nella nostra pelle, inevitabili come le vicende
da cui veniamo plasmati in quel percorso che affrontiamo nel nostro
cammino quotidiano. Gianni e Alessandro hanno costruito questo contesto
dove tutta l’attenzione va ai testi, dalla forte vocazione poetica.
È stato definito da Nicola Vacca un “esperimento di rottura”
e lo è veramente, così lo è stato il libro per
tante generazioni che si sono interrogate sulla sua cruda verità,
la faticosa ricerca del senso del vivere. GB
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