Non capita tutti
i giorni di imbatterci in qualcosa che ci faccia esclamare “Originale!”,
che ci faccia per un attimo rimanere stupefatti dinnanzi all’oggetto
di tanta sorpresa. Oggidì tutto pare già stato scritto,
ascoltato, visto. Non sempre, per fortuna. “The Blind Spot”
riesce nell’impresa di attirare la nostra attenzione, avvinghiandola
colle possenti spire della freschezza compositiva/esecutiva che le
sono proprie.
Merito di questo artista, tale Alec K. Readfearn nativo del Massachussets,
e cresciuto ad hardcorepunk (quello eletto dei suoi concittadini The
Minutemen, dei Meat Puppets e dei Butthole Surfers, insiemi capaci
di sperimentare, di frantumare generi e stili in una folle corsa auto-distruttiva
e nichilista, ma dalle quali ceneri si poteva trarre rinnovellata
forza fertile e creativa), ed a metal estremo (Stayer, Metallica)
e fin da metà degli ottanta attivo in varie formazioni, prima
di scoprire in se l’inclinazione alla fuga da ogni stereotipo
sonico che dir si voglia. Bravo Alec, coraggioso fautore di progetti
quali Space Heater ed Amoebic Ensemble, destrutturatori fautori di
un vero crossover fra folk british ed americano, ballate gypsy, variazioni
cabarettistiche, tentazioni cageiane ove triturare in egual misura
musica etnica, free jazz ed ardore punk. Fino a formare, nel 1997,
i suoi Eyesores, facendo precedere a questo marchio il proprio nome.
Tanto per ribadire che di questo ensemble allargato è lui a
tirare attentamente le fila, fermo restando che ogni uno poi è
responsabile della propria pazzia! Ecco tratteggiata la discografia:
“May you dine on weeds made bitter by the piss of drunkards”
(serve traduzione?) su Magic Eye Singles nel ’99, “Bent
at the waist” (Handsome – 2002), “Every man for
himself & God against all” (Corleone – 2003) e “The
quiet room” del 2005, primo su Cuneiform Records, l’etichetta
che ha osato patrocinare pure questo “”The blind spot”.
Ove troverete di tutto, Cage mescolato con Weill e Brecht, Zappa con
Tom Waits, Faust con Pierre Bastien. Incredibile, assurdo, eppure
magnificamente coerente. Un disco che vede la partecipazione di una
folta schiera di musici, ma sopra tutto comporta l’uso di strumenti
quali hurdy gurdy, corni, violini, contrabbassi, bosson, percussioni
varie, sax, organi, accordion, perfettamente integrati fra loro e
fini tessitori della trama che sostiene le voci stralunate dello stesso
Alec e del soprano Ellen Santaniello. Canzoni bislacche da decadenza
weimeriana e versi deviati, su tutto una entusiasmante “I am
the Resurrection and the Light”, orazione funebre divisa in
otto parti, che possono essere pure assunte singolarmente. Perché
qui sta il genio del responsabile ultimo dell’opera, Mr. Alec
K., che di sicuro sa il fatto suo, ma che astutamente ci nasconde
le sue intenzioni. Nella lista leggerete pure altre stranezze, come
quel gong-drum costruito dall’artista di Providence (ove gli
Eyesores hanno la loro base, e che diede i natali ad Howard Phillips
Lovecraft) Dennis Hlynsky, ispiratosi ad un particolare del “Giardino
delle terrene delizie” di Hieronymus Bosch, dal quale viene
estratto un suono cupo, maledettamente dark e primitivo.
Cercate e fate vostro “”The blind spot”, quello
che sopra ho esposto è solo un cenno delle cangianti emozioni
che ho provato ascoltandolo. E che ogni uno di voi potrà fare
proprie, accrescendole coi frutti di questa eccezionale esperienza.
AM |