Il
disco d'esordio di questa band napoletana è votato ad un medioevo
cupo e gotico. Trascorsa un'esperienza post punk viene abbracciata
una musica più ricercata e intimista. Dodici ballate senza
tempo, tristi e malinconiche, dove la poesia si fa sguardo disincantato
sul mondo interiore: in fondo sono sempre i sentimenti umani il motore
dell'arte.
Novelli bardi, alle soglie del nuovo millennio, hanno deciso di andare
alle fonti della nostra cultura musicale con il desiderio di scoprire,
o forse di ritrovare, emozioni che sembrano dimenticate.
I brani strumentali sono molto suggestivi, mentre quelli cantati mi
sembrano appesantiti da dei testi un po' leziosi, che indulgono in
un'estetica fine a se stessa risultando, talvolta, un po' indigesti.
L'ottavo brano del CD è l'orientale "Teng Ku Yeh Ch'eng",
vera chicca del disco, che mostra come gli interessi del gruppo non
si esauriscano nella musica tradizionale occidentale, ma abbraccino,
felicemente, una pregevole attitudine cosmopolita, segno di grande
cultura. La tradizione medioevale viene riletta con grande fedeltà
e mancano la tensione e il nervosismo della musica contemporanea,
che si possono, invece, riscontrare in lavori simili come l'ultimo
bellissimo degli Ataraxia, ma quando si sceglie un percorso artistico
si può decidere o la sfida di misurarsi con la tradizione o
l'incognita di tentare nuove e più personali strade interpretative.
Gli Anima in Fiamme hanno scelto la prima strada e offrono una prova
più che dignitosa.
Un dubbio amletico: perché nel Logo hanno scritto Anima con
la U? GB |