Gli Another Destiny Project sono una giovane band al debutto discografico.
Il loro intento è di dar vita ad un metal contaminato da varie
influenze, come l’industrial e le colonne sonore. La band è
stata formata dal chitarrista e produttore Peter Pahor e dal cantante
Federico Ahrens, a cui si sono aggiungi il batterista Emanuele Petrucci,
il bassista Davor Pavelic e il chitarrista Gabriele Giorgi. Altra
particolarità è che al progetto si aggiungono come componenti
secondari anche due grafici.
Il disco si apre con un intro atmosferico e poco personale, poi parte
la strumentale “Insomnia” dove la band inizia a mescolare
un metal selvaggio a suoni elettronici e claustrofobici, il concept
sottostante tratta dei sogni e degli stati fra il sonno e l’incoscienza.
“Sleepwalker”, di cui hanno realizzato anche un video,
gioca a mescolare suoni da new wave primi anni ’80 con un power
metal rabbioso, l’innesto non è proprio riuscito in pieno,
ma non è privo di un certo interesse. In “Doomsday”
la componente elettronica è minimale, mentre predomina quella
metal, che non è così originale come il progetto avrebbe
voluto. “Once Again” alterna momenti estremi ad un metal
con cantato pulito, ha dei momenti riusciti ed appare come uno dei
brani più personali del disco. Bella la ballata “Sand”,
che si stacca dalle intemperanze precedenti e porta un po’ di
respiro al disco. “Rorschach” è invece confusa
e caotica, si torna al metal estremo condito da partiture più
melodiche che non risultano ben integrate. Da qui in poi i brani che
seguono non sono più riusciti a catturare la mia attenzione.
Sono convinto che il progetto di questi musicisti valga la pena di
essere perseguito e approfondito, ma penso che debbano lavorare parecchio
sui suoni, perdendo un po’ di quell’ardore metal, che
li rende simili a troppe altre band e sviluppando una maggiore integrazione
fra le parti che compongono questo puzzle musicale. GB
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