Faraz Anwar è un giovane e promettente axe hero che segue le
orme di due leoni della sei corde, infatti trae ispirazione dal geniale
Allan Holdsworth a cui associa il fortunato John Petrucci. Dal primo
prende la creatività, la voglia di sperimentare con la chitarra,
la ricerca di suoni e dissonanze altamente creativi, dal secondo trae
la forza dirompente del prog metal degli anni novanta.
Con questo disco Faraz ci regala quarantacinque minuti di grande musica
strumentale in sei brani molto diversi fra loro. Si inizia con "Through
The Passage Of Time" che propone una fusion ad alto tasso metallico
e con inserti molto space, il solismo del nostro è di quelli
meno ovvii e ripetitivi, anche se siamo agli inizi della sua carriera
e di sicuro i frutti migliori devono ancora arrivare. "Maze"
ci introduce in un mondo spettrale, il metal è il genere dominante
con tanti stacchi e cambi di tempo, il riffing nervoso e cupo si insinua
nella mente dell'ascoltatore, placato solo in parte dalla solarità
del solismo di Faraz. "Prophet" per contrasto parte spirituale,
ma poi sterza con una progressione decisa verso un metal pieno di
passione. "Don't Ever Let Your Spirit Die" è molto
brillante con dei bei fraseggi, molto più fusion rispetto ai
pezzi precedenti, ogni tanto compare anche il solismo nello stile
di Bellas. "Last Summer" è un hard rock americano
molto classico che richiama anche Neal Schon, piacevole, ma inferiore
come spessore, anche se il solismo è sempre pregevole. La finale
"Why?" è il pezzo forte coi suoi oltre dieci minuti,
viene aperta da melodie celtiche di matrice scozzese con dei suoni
di cornamusa molto evocativi, la poesia iniziale permea tutto il brano
che è ricco di situazioni interessanti e convincenti.
Con queste credenziali il futuro di Faraz Anwar è assicurato,
basta solo che il nostro non si perda d'animo e voglia ancora giocare
con la musica per regalarci tante altre emozioni. GB
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