Dietro
l’appellativo di The Archangel c’è Gabriele Manzini,
nome conosciuto in ambito Prog nazionale in quanto tastierista degli
Ubi Maior ed ex membro dei The Watch. Già di per se il packaging
promette bene, curatissimo, dettagliato e sostanzioso, come sempre
più raramente capita di vedere. Manzini proviene dunque dal
mondo Prog e per tanto ci si attende un lavoro alquanto articolato
o perlomeno pomposo ed invece, a sorpresa, la musica che scaturisce
da “Akallabeth” è un Hard Prog con alcuni riferimenti
ad un altro grande dei tasti d’avorio: Clive Nolan.
Le composizioni sono davvero interessanti, raramente ci imbattiamo
in episodi di stanca e se poi diamo un'occhiata a coloro che hanno
contribuito a suonare in questo disco, allora ci rendiamo conto davvero
di che pasta è fatto “Akallabeth”. Bene fa il nostro
artista a circondarsi di ottimi cantanti, perché in effetti
questo è il tallone d’Achille del Progressive italiano.
Quindi incontriamo Damian Wilson (Threshold, Landmarq, Rick Wakeman),
Zachary Stevens (Savatage, Circle II Circle) e Ted Leonard (Enchant)
al microfono e questo gia basterebbe per attirare l’attenzione
di tutti gli amanti del Metal Prog. Poi ovviamente gli Ubi Maior con
Alessandro Di Caprio alla batteria, Walter Gorrieri al basso e Stefano
Mancarella alla chitarra, oltre che due ex The Watch, Ettore Salati
e Marco Schembri. Per concludere la carrellata di ospiti, Alessandro
Dovi ancora alla chitarra, Davide Martinelli alla batteria e la voce
dei Dunwich Francesca Naccarelli.
E allora, cosa ascoltiamo in questo disco? Aprono i sette minuti di
“Gift Of Love” assieme alla voce di Wilson, attimi ricchi
di pathos e facilmente paragonabili a certi Pink Floyd, per l’uso
delle chitarre. Ovviamente sono le tastiere protagoniste, pur non
risultando mai invasive, anzi a volte anche troppo timide rispetto
all’insieme. Le scale che vanno a percorrere, come anticipato,
mi ricordano molti lavori dell’inesauribile Clive Nolan (Pendragon,
Arena, NEO, etc.). Ma come ho gia detto poco fa, ci si imbatte spesso
in un Hard Prog energico, al limite del Metal Prog, “The Forbidding”
è uno di questi. Gabriele Manzini non si perde in chiacchiere
o in inutili tecnicismi, bada alla sostanza ed al buon gusto compositivo,
il fatto che i brani difficilmente superano i cinque minuti la dice
lunga al riguardo. C’è energia positiva in “The
Shade Of Numenor”, la chitarra è per l’ennesima
volta importante per la riuscita del pezzo. Strano per un artista
che suona le tastiere e che compone un disco solista, dare molta rilevanza
agli altri strumenti, da qui si deduce l’intelligenza artistica
di Gabriele. Il songwriting è fresco e dinamico e si toccano
diversi stili musicali. Interessante il risultato di “See Myself
In You” con la bella voce di Francesca. Il disco ha altresì
il pregio di crescere d’intensità nel prosieguo dell’ascolto.
“Rings Of Power” è un altro esempio di pregevole
Hard Prog, un curioso mix di Deep Purple anni ’70 con gli attuali
Arena, singolare ed efficiente.
Più Folk “Raise The Sword” a dimostrazione della
versatilità di “Akallabeth” e qui le tastiere diventano
le protagoniste. Ma non voglio rovinare tutte le altre sorprese, vorrei
che foste voi a scoprirle, tengo però a sottolineare la bellezza
di “The Downfallen 39 Days Of Madness” nei dieci minuti
di ricche soluzioni.
Tirando le somme, questo esordio solistico è un lavoro professionale
che inorgoglisce ulteriormente il nostro già nutrito panorama
nazional-progressivo. In un anno mi imbatto in centinaia di dischi
Prog provenienti da tutto il mondo e credetemi se vi dico che questo
è nettamente superiore alla media. Bravo The Archangel. MS
|