Rock Impressions

Arpia - Terramare ARPIA - Terramare
Lizard / Andromeda
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: Prog Metal
Support: CD - 2006
Scrivere di Arpia significa innanzi tutto celebrare oltre quattro lustri di assoluta ed incoercibile integrità artistica e, non ultima, virile e lealissima comunione di spiriti e di intenti. Voglio scomodare il non certo facile verbo Amicizia (e la maiuscola non è messa li a caso!), quella vera, perchè sono certo di non cadere in errori od abbagli. Leonardo Bonetti, Fabio Brait ed Aldo Orazi perseverano fin dal lontano ormai 1982 nella proposta della loro Arte, la quale non va smerciata assolutamente fra la tanta, troppa paccottiglia che ingombra gli scaffali dei negozi di musica, ma va invece preservata, con la cura che si riserva a ciò che ci è prezioso, dal mescolarsi fra le urlanti orde che ogni giorno c'assalgono per mezzo di radio, televisione ed altri mezzi che la modernità ci offre (o che ci costringe a subire...).

Certo, queste mie parole suoneranno a qualcheduno vuota ed inane retorica, puro esercizio d'opposizione stantìa e priva di senso, ma credetemi, ogni volta che ascolto questi tre artisti e le loro creazioni, monta in me un sentimento che è misto di rabbia (per quanto affermato poc'anzi a proposito delle contemporanee uscite discografiche) e stupefazione, oltrecchè riconoscenza che non è mai svilita adorazione (a quarantun anni incombenti ho trascorso quell'epoca), bensì ferma ammirazione. Umilmente ringrazio gli Arpia di riuscir ancora, dopo tanto tempo, ad offrire a noi che alla Musica non chiediamo solo diletto, ma pretendiamo qualità (sicuramente ci vuole anche il disimpegno, ma questo non deve diventare abitudine) opere della statura di "Terramare", degno successore di quanto hanno fatto in questi anni, poco qualcheduno potrò notare, e lo è quantitativamente, ma ad un livello intellettuale irraggiungibile per la quasi totalità di chi, nel nostro Paese ma non solo, si occupa di creare canzoni (salvo lodevoli eccezioni). Se ancora attendo (ci sarà mai un'alba) la ristampa dell'e-po-ca-le "Resurrezione e Metamorfosi", se le mie orecchie ancora ricercano le ritmiche spezzate e l'impegno non indifferente che sostiene "Liberazione", se la cassetta di "Bianco Zero" inizia a mostrare la corda consunta dell'età, ci sarà una ragione.

Per me Arpia rappresenta la sintesi ideale di oscurità e ricerca, e soprattutto tanto, troppo per i canoni contemporanei, coraggio (come definire altrimenti il testo di "Metrò" che succede degnamente a "Coprofagia"). L'usbergo che protegge la loro anima creativa si è via via invigorito, ed il lungo silenzio ("Liberazione" è datato 1995) non ha significato abbandono dell'armi o cedimento alla stanchezza. I Nostri sono ancora presenti, ed osano con "Terramare" come pochi altri solo accennerebbero: "Bambina regina" e "Rosa", la coppia posta in principio, non sono certo brani di facile introduzione, poggiando su atmosfere nervose e di non agevolissima assimilazione. E non per spregio di chi ascolta, è che un disco, amici miei, e voi lettori di Rock Impressions lo sapete, altrimenti non ci sareste, va ascoltato nella sua intierezza. V'è spazio per architetture meno ardite e complesse, il velo di apparente pesantezza viene sovente sollevato da inserti melodici di gran pregio ("Piccolina" è dolcissima pur non mancando di quelle asperità che segnano peculiarmente l'evoluto sound-Arpia), i quali liberano la nostra coscienza facendola scivolare leggiera oltre l'accavallarsi dei nembi che incombono sui dodici episodi che compongono il CD, frutto di una maturazione che resta la costante della produzione dei capitolini ("Luminosa"). Prova ne è che la voce muliebre di Paola Feraiorni non richiama quanto assai in voga oggi, ovvero quelle estenuanti presenze di soprani che paiono insostituibili ma che ormai provocano solo irritazione, ma si cala perfettamente nel contesto del disco mai apparendo forzata o fuori luogo ("Contrasto della villanella" o nella cupa title-track, esempio validissimo di dark-metal progressivo), eppur è decisiva nel serrare le fitte trame del pezzo ove si inserisce con l'autorità di chi non è solamente un ospite, ma fa parte dell'ensemble, come il percussionista Tonino De Sisinno (bravo ad ispessire il tessuto dei brani). I richiami e gli inserti tratti da pilastri riconosciuti della nostra Letteratura (si citano Cielo d'Alcamo in "Rosa", Torquato Tasso in "Libera", Guido Cavalcanti nella già ricordata "Luminosa", Rinaldo d'Aquino e Ciacco dell'Anguillaia, ma non manca lo straniero Charlie Chaplin di "Monsieur Verdoux", perchè l'Arte non ha confini), non sono forzati tentativi di conferire un tono a "Terramare", che non ne ha necessità, ma sono parte del corpo dell'opera.

Come la grafica, dall'enigmatica copertina fino agli inserti centrali rappresentanti i muri scrostati di qualche interno decadente (la prima pagina effigia "Terramare" di Ettore Frani, dello stesso quelle del booklet riportano "L'albero della conoscenza"). Concludere con l'auspicio di non dover attendere ancora troppo significherebbe andare oltre "Terramare": non ci si può accontentare del mirabile, mai ve n'è a sufficienza, ma queste dodici composizioni sapranno resistere all'usura del tempo, come quelle che le hanno precedute.

Questi Uomini sanno sfidare anche se stessi, e non conoscono o si pongono limiti o margini. Vanno avanti seguendo la loro strada pronti ad osservare, per tradurre in Musica, quanto e chi li circonda. AM

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Interviste: 2007

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Pur essendo in attività dal 1984, i romani Arpia mantengono inalterata la formazione, composta da Leonardo Bonetti (Voce, Basso, Sinth), Fabio Brait (Chitarra) ed Aldo Orazi (Batteria). Il tempo li arricchisce d’esperienza, iniziano il cammino sonoro con sperimentazioni per poi mutare nel tempo grazie anche all’innesto delle tastiere.

La teatralità resta il punto cardine della loro espressività. Le realizzazioni a venire non sono poi tante, ma tutte lontane dalla banalità. I testi sono molto importanti e trattano argomenti di spessore, come ad esempio nel cd “Liberazione” del 1995, dove il concept non è altro che un lungo viaggio nella memoria storica dell’Italia, dopo 50 anni dalla liberazione dal Fascismo.

Un gradito ritorno dunque quello di oggi, con l’innesto di special guest (Paola Feraiorni alla voce e Tonino De Sisinno alle percussioni) che favoriscono le nuove evoluzioni verso un suono più ritmico e meno diradato. I fotogrammi sonori ci illustrano ambienti oscuri, passaggi gotici ammorbiditi solo saltuariamente da arpeggi di chitarra, come all’inizio di “Bambina Regina”. Metal e ricerca strutturale, il buio e la luce, la terra ed il mare, l’uomo e la donna. Proprio gli ultimi sono la colonna portante di “Terra Mare”, il rapporto che scaturisce fra i due esseri visti dal lato prettamente fisico, non affine alla spiritualità. Nessun Dio, nessuna religione, solo fresca sessualità. La chitarra del bravo Brait descrive scale Sabbathiane, mentre i testi fuoriescono in tutto il loro valore in piccole gemme quali “Rosa”, “Diana” o “Umbria”. I due elementi Terra e Mare si sfidano continuamente, pur avendo entrambi un punto di contatto in comune, il gioco della vita continua perpetuamente, così lo stesso il mistero del rapporto uomo-donna. La musica degli Arpia graffia, destabilizza, ma soprattutto colpisce l’animo pur sembrando impalpabile. Stupendo tassello “Piccolina”, una carezza nel buio e la voce di Leonardo ne è ottima interprete. La scena italiana ancora una volta è a testa alta, a dimostrazione di una sensibilità artistico-culturale al di sopra della media.

Se oggi vogliamo ascoltare qualcosa di nuovo dobbiamo cercare nel Prog Metal, genere in continua evoluzione e linfa vitale per la mente. Complimenti alla Lizard Records ed alla Andromeda Relix di Gianni Della Cioppa per l’accurata ricerca di piccole realtà di un mondo Rock che sembra essere sempre più calcareo. MS

I romani Arpia sono una di quelle formazioni italiane che tengono alta la bandiera delle creatività, nati nella prima metà degli anni ’80 hanno faticato a far emergere la loro proposta, in particolare per non essersi piegati alle regole del mercato discografico, avevano anche firmato per la Heavy Metal Records, ma stracciarono il contratto per non sottostare alle imposizioni dell’etichetta. La loro ricerca artistica però non era diretta solo alla musica, ma cercavano contemporaneamente delle contaminazioni con forme teatrali. Nel tempo vengono però tralasciate le altre forme e il gruppo si concentra maggiormente sulla musica.
Il demo De Lusioni fece ben sperare sulle sorti del gruppo, che miscelava doom, dark wave ed heavy metal con cantato in italiano, ma bisogna aspettare il ’95 per ascoltare il primo album uscito per la Pick Up Records. Anche se non sono mancate altre produzioni importanti come Resurrezione e Metamorfosi e Biancozero.

Dopo tante vicissitudini e ben oltre i vent’anni dalla nascita del gruppo esce questo nuovo album per la Lizard in collaborazione con la Andromeda Relix e il gruppo, che ha mantenuto la formazione originale, si ripresenta con un sound più maturo, ma in linea con la propria tradizione, quindi heavy metal sperimentale, molto progressive, non nel senso che suonano come altri gruppi del genere, perché gli Arpia non assomigliano ad altre formazioni, ma la loro ricerca sonora è sicuramente accostabile al movimento prog.

Le dodici tracce proposte in questo nuovo album sono tormentate e ricche di contrasti sonori, soluzioni acide si susseguono e solo raramente troviamo dei momenti di serenità, qualche arpeggio o qualche passaggio, ma per lo più domina un metal cupo e carico di tensione, non più doom, ma sempre intenso e gotico, un concentrato di potenza che trova nella traccia omonima il momento più alto dell’album, che provocatoriamente è stato messo alla fine del cd. Terramare è un concept sul rapporto fra uomo e donna visto nella sua fisicità e privo di ogni riferimento spirituale, una sensualità pagana che viene evocata da una musica altrettanto diretta e istintiva. I testi in italiano sono densi di significati e vanno interiorizzati prima di essere capiti nei loro significati più profondi. Ne esce una proposta non facile ma indubbiamente affascinante, ci sono anche accenni medievali in “Rosa” e “Luminosa”, c’è il canto popolare in versione metal, ci sono molti riferimenti culturali che possono essere colti solo con un ascolto attento.

Terramare è un disco che si scaglia con forza e prepotenza contro la superficialità e c’è sempre più bisogno di artisti così, anche se la loro proposta può essere difficile, ma si sa, le difficoltà spesso portano una maggior soddisfazione finale, in queste mie ultime parole penso si possa leggere la caparbia storia di questa band fuori dagli schemi. GB


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