Quando si parla di Metal Progressive vengono alla mente i soliti noti,
chi ama il genere ha gia capito che parlo di Dream Theater, Symphony
X e compagnia bella. In effetti tutto questo non esisterebbe senza
il loro fondamentale contributo, resta il fatto che per anni si è
rimasti avvinghiati a questo stereotipo, tanto da rendere meno credibile
il termine “Progressive”. Per fortuna non è del
tutto così, esistono band che attingono da questo calderone,
ma che aggiungono anche altri ingredienti per rendere questo piatto
più ricco. L’Italia sta sfornando artisti notevoli al
riguardo, non numerosi, ma decisamente sopra la media. Uno di questi
è al proprio esordio e che esordio, sto parlando degli Azure
Agony.
Proveniente da Udine, il quartetto è composto da Gabriele Paia
(Chitarra), Carlo Simeoni (Batteria), Marco Firman (Basso) e Marco
Sgubin (tastiere). Si formano nel 2006 proprio per il volere di Sgubin,
con l’intento di suonare musica complessa ma non opprimente.
Come da premessa, non è facile proporre qualcosa di veramente
innovativo, ma gli Azure Agony hanno la felice intuizione di suonare
brani ricchi di cambi di tempo e di umore, senza soffocarli con la
tecnica strumentale. Questo punto è la croce e delizia di chi
segue questo complicato filone sonoro, c’è chi predilige
la tecnica a sfavore dell’anima e della melodia e chi invece
viceversa ama emozionarsi anche con frangenti assolutamente più
melodiosi. In questo caso sono i secondi a godere il frutto di “Beyound
Belief”.
Il disco è composto da nove brani tutti di medio-lunga durata
e completamente strumentali. Altro punto a favore di questi ragazzi
infatti è proprio il coraggio di sfornare un disco senza cantante,
generalmente il pubblico pagante sembra sempre non premiare questa
scelta. E non finisce qui, perché i pregi continuano, l’incisione
sonora è davvero sopra la media e valorizza il tutto, mettendo
una volta in più in evidenza la meticolosa attenzione per gli
arrangiamenti. Indovinati anche gli interventi di flauto da parte
dell’ospite Giorgio Marcossi e quelli del violoncello di Anna
Marcossi.
Un esordio davvero intrigante, perché tutto scorre grazie alla
variabilità dei suoni, i ragazzi sanno quando cambiare per
non stancare l’ascolto, mossa assolutamente da veterani del
genere. Come avrete potuto notare non vi ho consigliato un brano in
particolare, questo la dice lunga su “Beyond Belief”.
Per concludere una chicca per i collezionisti, di questo album esiste
anche la versione vinilica in LP. MS
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