Certo non si può dire che i Blindcat non hanno fatto sul serio
sin dall’inizio della loro fondazione. Hanno avuto immediatamente
le idee ben chiare, basti pensare che si sono formati nel 2012 e già
nel 2013 hanno aperto il concerto a Glann Hughes e suonato nello stesso
anno al “Narni Black Festival” con gli Hearth Wind &
Fire come headliner! Ma chi sono i Blindcat e cosa suonano?
Provenienti da Taranto sono Gianbattista Recchia (voce), Domenico
Gallo (chitarre), Pietro Laneve (basso) e Emanuele Rizzi (batteria)
e propongono un Hard Rock dalle profonde radici, avvinghiate ai famigerati
anni ’70. Nel marzo del 2014 pubblicano il loro esordio dal
titolo “Black Liquid” e la critica sia italiana che estera
sembra apprezzare da subito. Oggi ritornano con “Shock Wave”,
dieci nuove canzoni impreziosite dall’esperienza acquisita negli
anni.
La registrazione sonora è buona, suoni distinti e ben equilibrati.
“One Life” parte a mille, lasciando importanza alla fase
melodica supportata da un cantato graffiante e importante. L’Hard
Rock funziona proprio così, riff di facile memorizzazione impreziositi
da stile e carica agonistica (se così vogliamo denominarla).
Lo sanno i primi Van Halen, per esempio. Le chitarre ricoprono il
loro bel ruolo importante, scappando di tanto in tanto in scorribande
pirotecniche sulla tastiera. Un roboante giro di basso apre “Laughin
Devil”, impossibile resistere al ritmo sferzante che lo sostiene,
brano che in sede live sicuramente gode di ottima riuscita. La scena
americana è di fronte a noi, ci pensa “Stars And Sunset”
a dare un attimo di respiro, ma è appunto un attimo. Un respiro
che è ossigenato da un cadenzato lento che si alterna a un
solo di chitarra al fulmicotone. Hard Rock di classe. “Until
The Light Of The Day’ è fra i miei momenti preferiti,
perché in esso c’è la storia del genere e quella
solarità tipicamente italiana, probabilmente anche il vero
lato dei Blindcat, ma questo lo sanno sicuramente e soltanto loro.
Tanta vecchia scuola trasuda fra le note, i Blindcat lo palesano brano
dopo brano, “The Black Knight” compresa, altra canzone
che ho apprezzato oltremodo. Verso la fine degli anni ’70 i
Judas Priest percorrevano questi sentieri. Più ricercata “Nothing
Is Forever”. Non manca nell’album neppure il momento strumentale,
qui con il titolo “Rising Moon”, vetrina per le doti tecniche
della chitarra che fa l’occhiolino ai Queen di Brian May. Ed
è la volta di “Shockwave” altro tassello vincente
dell’album. Segue “What Is Hell” che nell’arpeggio
iniziale mi ricordano i migliori Queensryche.
Il disco si conclude con “Son And Daughter”, una folata
di energia pulita. Il disco si lascia apprezzare anche per l’artwork
di Enzo Rizzi, con testi interni e foto annessa della band ad opera
di Silvia Danese. Un prodotto sincero che sicuramente non passerà
inosservato nel tempo, gli amanti dell’Hard Rock sicuramente
lo apprezzeranno oltremodo, agli altri dico loro che questa potrebbe
essere una ghiotta occasione per approcciarsi a questo stile sonoro
senza tempo. MS
|