Chi frequenta le librerie, chi mastica cultura, chi cerca di capire
cosa sia successo nell’arte contemporanea dalla fine della seconda
guerra mondiale in poi ha sicuramente sentito parlare della Beat Generation.
Un movimento culturale nato negli USA che ha influenzato profondamente
tutte le arti. Tutto è nato da un gruppo di scrittori fra i
quali possiamo ricordare Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Neal Cassady,
William Burroughs. Nella musica il fenomeno ha assunto proporzioni
gigantesche, anche se molti (consumatori) ne ignorano per lo più
le connessioni. I Brother K si sono formati all’inizio del nuovo
millennio per tributare un omaggio alla figura di Kerouac in modo
originale, mediante l’unione di un profondo studio dei testi
con una seria ricerca musicale.
Il disco era stato registrato attorno al 2004, ma mai pubblicato.
Grazie all’Associazione Festa della Musica di Brescia, nella
figura del suo coordinatore artistico Jean Luc Stote, finalmente Degeneration
Beat viene stampato in una versione rimasterizzata. Il progetto è
nato su impulso del cantautore Alessandro Ducoli e del singer Boris
Savoldelli. Si sono poi aggiunti Federico Troncatti alle tastiere,
Andrea Bellicini alla chitarra e Andrey Kutov, sempre alle tastiere.
Fernanda Pivano (la grande traduttrice dei testi degli autori beat)
ha partecipato alla stesura delle liriche. In molti hanno prestato
il loro contributo per la riuscita del progetto. Voglio citare almeno
Mark Murphy, fra i cantanti sperimentali più innovativi, che
ha offerto la sua voce per il brano spoken “Subterraneans”.
Musicalmente l’album si muove su diversi fronti, anche se il
blues e il jazz ne costituiscono l’ossatura. Savoldelli è
l’interprete principale dei brani e la sua voce è semplicemente
perfetta, italianamente newyorkese, fa impressione leggere quello
che lo stesso Murphy scrive di lui (che è stato suo allievo),
il suo stile incanta ad ogni ascolto. Poi il lavoro della Pivano ha
sicuramente smussato angoli e spigoli della nostra lingua, facendo
musica con le parole, nel perfetto spirito di Kerouac, che cercava
una scrittura “musicale”. C’è anche molta
sperimentazione e modernità, ci sono momenti rock e altri free
con tanta improvvisazione, su tutto grande classe, grazie a musicisti
preparati ed emotivamente coinvolti. Questo lavoro in un certo senso
sembra una colonna sonora, è molto cinematografico, sensoriale,
ma anche questo ha il preciso obiettivo di celebrare lo scrittore
americano, perché gli autori beat cercavano di rappresentare
il reale, il disagio, le contraddizioni della modernità. Poesia
metropolitana resa in musica. GB
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