Tra gli appassionati di musica si possono individuare due categorie
ideali, quelli che ascoltano solo la musica e quelli che oltre alla
musica si mettono a leggere ogni singola riga dei libretti allegati
al disco. Il nome di Luca Calabrese potrebbe essere del tutto sconosciuto
ai primi, mentre sicuramente suona famigliare ai secondi. È
membro stabile della più importante formazione sperimentale
svedese, gli Isildurs Bane e ha collaborato con Peter Hammill (VDGG),
Steve Hogarth (Marillon), Richard Barbieri (Japan, Porcupine Tree)
e molti altri. Musicista molto considerato per il suo apporto allo
strumento, la tromba, che lui ha esplorato con grande dedizione.
Con un simile curriculum non sorprende di vedere al suo fianco in
questo lavoro solista musicisti prestigiosi come Marcus Reuter e Mark
Wingfield, in particolare il primo veste anche i panni del produttore,
giocando un ruolo chiave nella realizzazione del disco. Gli altri
due musicisti che partecipano sono i chitarristi Nguyên Lê
e Alexander Dowerk. Nei fatti si tratta di un trombettista e di quattro
chitarristi, non è presente quindi nessun elemento “ritmico”
nel senso stretto.
Si tratta infatti di un disco umorale, dominato da suoni essenziali,
che vanno in cerca della purezza del suono per suscitare emozioni
profonde nell’ascoltatore. Del resto è il concept del
disco, il titolo infatti si riferisce ad un concetto espresso nelle
filosofie orientali, legato al linguaggio non verbale. La psicologia
ci ha insegnato quanto questo linguaggio sia importante, specialmente
per capire le vere intenzioni dei nostri interlocutori, un linguaggio
che dice molto più delle parole. La ricerca quindi di Luca
e dei musicisti che ha coinvolto è quindi di parlare alle nostre
corde più profonde usando una musica riflessiva e notturna.
Un disco per gli amanti della purezza dei suoni. GB
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