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CERCHIO D'ORO - Il Viaggio di Colombo Black Widow Distribuzione italiana: Masterpiece Genere: Prog Support: CD - 2008 |
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Il Cerchio D’oro è un'altra delle storie italiane del Rock Progressivo anni ’70. Una storia differente dalle altre, perché il quintetto di Savona a differenza di molti autorevoli colleghi, non è mai stato autore di un vero e proprio full lenght. Si fanno notare verso la fine degli anni ’70 per tre quarantacinque giri e poi lo stop. Ma l’amore per la musica in loro non si è mai sopita e l’interesse per un genere come il Progressive è come una droga, si sente davvero il bisogno di suonarlo e di goderne gli stati umorali. A parte una ristampa di brani antichi del 1976 della Mellow Records, “Il Cerchio D’Oro” (1999) e la “La Quadratura Del Cerchio” (2005) lp in 300 copie, nulla di nuovo fino al 2006, quando Franco Piccolini (tastiere), Gino Terribile (batteria), Giuseppe Terribile (basso) Piuccio Pradal (Chitarra) e Roberto Giordana (chitarra), decidono di riformare la band. Questa volta c’è l’intenzione di fare un disco e pure di seguire un argomento, scelgono la storia di Colombo. E’ stato detto di tutto su questo navigatore, ma l’accaduto è così avvincente che passa come una storia senza tempo. Tutto questo non è altro che l’analogia con le difficoltà della vita. Ecco dunque narrare della partenza, “Sognando Una Meta”, la ciurma “I Tre Marinai”, lo sconforto nel non vedere mai la terra, l’ammutinamento dei navigatori, la preghiera di Colombo nel poter avvistare la terra e finalmente la scoperta e l’approdo. Tutto questo viene descritto in maniera precisa e dettagliata anche nella strepitosa confezione grafica, ancora una volta (l’ennesima) sopra ogni più rosea previsione. E la musica è praticamente a sua volta un libro aperto. Cosa dobbiamo attenderci da una band così gia lo sappiamo, un suono sinfonico e molto mediterraneo, poi parlando di mare e di Colombo è proprio perfetto. Inevitabili gli accostamenti con Orme, New Trolls (nelle coralità specialmente), Trip e Pink Floyd, tutto questo rende il suono sinfonico e d’ampio respiro. Anche l’ascolto sembra essere incastonato nel limbo degli anni che furono. I testi e le argomentazioni sono un vero e proprio biglietto da visita di un intero ed intramontabile genere. C’è da chiudere gli occhi e lasciarsi andare durante gli assolo di chitarra, infatti le parti strumentali sono quelle che, malgrado tutto, convincono di più. Le tastiere la fanno da padrona in molti passaggi, la sinfonia è tenuta alta, così l’enfasi dei brani. C’è uno sforzo compositivo da rimarcare, l’attenzione per le melodie ed il puntare tutto sulle emozioni, quindi ritornelli che si stampano nella mente e buone ripartenze strumentali, senza mai strafare in tecnica, una delle cause del distacco popolare dal Progressive Rock. Il cantato, di Giuseppe e Gino Terribile è in perfetta linea con il genere stesso, sappiamo bene che questa musica non ha mai goduto di buoni cantati, salvo rari casi come Stratos (Area), Di Giacomo (Banco del Mutuo Soccorso) , A. Tagliapietra (Le Orme) e pochi altri. In definitiva una buona interpretazione vocale, ma senza particolari picchi da memorizzare. Forse sono i testi a volte ostici a non far aderire voce e musica nel Progressive Rock , ma questo è e noi lo amiamo così, con i suoi pregi e difetti. La band savonese riesce ad unire tecnica, fantasia e melodia degli anni ’70 con il suono di oggi ed il Cerchio (D’Oro) si chiude. Ascoltando dischi come questo, sono convinto che il Progressive Rock Italiano non morirà mai. Bentornati anche a voi! MS |