Rock Impressions

Il Cerchio d'Oro - Il Viaggio di Colombo
IL CERCHIO D'ORO - Il Viaggio di Colombo
Black Widow
Distribuzione italiana: Masterpiece
Genere: Prog
Support: CD - 2008


Il nome di questa band ci porta nel passato, alle radici del prog tricolore, anche se forse molti di voi non li conosceranno, probabilmente perché verso la fine degli anni ’70 avevano dato alle stampe solo tre singoli e nessun album. Il gruppo nacque sull’impulso di formazioni storiche come Le Orme e i New Trolls, ma non riuscì ad approdare all’agognato contratto discografico, questo li spinse verso la disco, ma anche in questo settore non furono premiate le loro ambizioni artistiche. La Mellow nel 1999 pubblicò un disco postumo contenente registrazioni risalenti al ’76, poi nel 2005 è uscì La Quadratura del Cerchio, che conteneva alcuni brani inediti e delle cover dei gruppi citati e dei The Trip, ma questo nuovo album è il vero primo full lenght registrato con la band originale riunitasi dopo venticinque anni di stop.

Il discorso riprende proprio dove si era interrotto tanti anni fa, con un prog settantiano tutto italico, ma la band in apertura del booklet ci tiene a sottolineare che la propria reunion non assomiglia ad altre, che il gruppo non vuole sfruttare il momento di grazia del prog per rialzare la testa e visti i presupposti penso sia vero, primo perché non sono mai stati famosi, quindi probabilmente non hanno schiere di fans pronti ad accogliere con calore il loro ritorno, secondo perché secondo me il momento non è poi così buono per tornare a fare prog settantiano, i vecchi fan del genere amano poco le reunion e i nuovi fan sono spesso orientati a sonorità più moderne, quindi dietro a questo concept album c’è davvero della sana passione, ma credo che la band abbia sbagliato a mettere sul disco una “giustificazione” del proprio ritorno.

Fatte queste considerazioni veniamo alla musica de Il Viaggio di Colombo, siamo in pieno prog sinfonico con cantato in italiano e lunghe parti strumentali, le influenze sono quelle già citate, troviamo pure un richiamo alle atmosfere degli Uriah Heep in brani come “Colombo”, ovviamente quelli più prog e meno hard rock. Le musiche sono il punto di forza del gruppo, le parti cantate sono da dividere in due, quando canta la voce solista abbiamo il solito problema dei testi poetici che non si integrano mai troppo con le musiche, poi la voce del singer Piuccio Pradal non è proprio carismatica, ma le armonizzazioni dei cori sono molto riuscite e ricordano certe cose dei New Trolls. Il concept si sviluppa come metafora del cammino di ogni uomo, i dubbi, le paure, le domande, le speranze, i sogni sono quelli che ognuno di noi vive nel proprio percorso terreno e questi temi sono sviluppati bene, con grande lirismo. Da un punto di vista strumentale il gruppo suona bene, senza strafare, ma con una buona preparazione tecnica, buone sono anche le registrazioni, si sente che c’è stato un lavoro duro a livello di composizione e sugli arrangiamenti e questo gratifica l’ascolto. Bella anche la cura dell’artwork del cd.

Di sicuro questo è un disco che ogni amante del prog deve amare, anche se è un disco che guarda un po’ al passato, ma è stato fatto con tanto amore e l’amore merita sempre di essere ripagato. GB

Altre recensioni: Pangea


Il Cerchio D’oro è un'altra delle storie italiane del Rock Progressivo anni ’70. Una storia differente dalle altre, perché il quintetto di Savona a differenza di molti autorevoli colleghi, non è mai stato autore di un vero e proprio full lenght. Si fanno notare verso la fine degli anni ’70 per tre quarantacinque giri e poi lo stop. Ma l’amore per la musica in loro non si è mai sopita e l’interesse per un genere come il Progressive è come una droga, si sente davvero il bisogno di suonarlo e di goderne gli stati umorali. A parte una ristampa di brani antichi del 1976 della Mellow Records, “Il Cerchio D’Oro” (1999) e la “La Quadratura Del Cerchio” (2005) lp in 300 copie, nulla di nuovo fino al 2006, quando Franco Piccolini (tastiere), Gino Terribile (batteria), Giuseppe Terribile (basso) Piuccio Pradal (Chitarra) e Roberto Giordana (chitarra), decidono di riformare la band. Questa volta c’è l’intenzione di fare un disco e pure di seguire un argomento, scelgono la storia di Colombo.

E’ stato detto di tutto su questo navigatore, ma l’accaduto è così avvincente che passa come una storia senza tempo. Tutto questo non è altro che l’analogia con le difficoltà della vita. Ecco dunque narrare della partenza, “Sognando Una Meta”, la ciurma “I Tre Marinai”, lo sconforto nel non vedere mai la terra, l’ammutinamento dei navigatori, la preghiera di Colombo nel poter avvistare la terra e finalmente la scoperta e l’approdo. Tutto questo viene descritto in maniera precisa e dettagliata anche nella strepitosa confezione grafica, ancora una volta (l’ennesima) sopra ogni più rosea previsione. E la musica è praticamente a sua volta un libro aperto. Cosa dobbiamo attenderci da una band così gia lo sappiamo, un suono sinfonico e molto mediterraneo, poi parlando di mare e di Colombo è proprio perfetto.

Inevitabili gli accostamenti con Orme, New Trolls (nelle coralità specialmente), Trip e Pink Floyd, tutto questo rende il suono sinfonico e d’ampio respiro. Anche l’ascolto sembra essere incastonato nel limbo degli anni che furono. I testi e le argomentazioni sono un vero e proprio biglietto da visita di un intero ed intramontabile genere. C’è da chiudere gli occhi e lasciarsi andare durante gli assolo di chitarra, infatti le parti strumentali sono quelle che, malgrado tutto, convincono di più. Le tastiere la fanno da padrona in molti passaggi, la sinfonia è tenuta alta, così l’enfasi dei brani. C’è uno sforzo compositivo da rimarcare, l’attenzione per le melodie ed il puntare tutto sulle emozioni, quindi ritornelli che si stampano nella mente e buone ripartenze strumentali, senza mai strafare in tecnica, una delle cause del distacco popolare dal Progressive Rock.

Il cantato, di Giuseppe e Gino Terribile è in perfetta linea con il genere stesso, sappiamo bene che questa musica non ha mai goduto di buoni cantati, salvo rari casi come Stratos (Area), Di Giacomo (Banco del Mutuo Soccorso) , A. Tagliapietra (Le Orme) e pochi altri. In definitiva una buona interpretazione vocale, ma senza particolari picchi da memorizzare. Forse sono i testi a volte ostici a non far aderire voce e musica nel Progressive Rock , ma questo è e noi lo amiamo così, con i suoi pregi e difetti.

La band savonese riesce ad unire tecnica, fantasia e melodia degli anni ’70 con il suono di oggi ed il Cerchio (D’Oro) si chiude. Ascoltando dischi come questo, sono convinto che il Progressive Rock Italiano non morirà mai. Bentornati anche a voi! MS

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