Yesterday
evening i’ve walked the rocky road to the castle of Montorio
(VR)… ma come sto parlando??? Devo essermi fatto influenzare
dall’atmosfera. Si, perché non capita tutti i giorni
di assistere ad un concerto dei Chieftains qui nel nostro paese. A
dirla tutta avrei dovuto parlare in gaelico, così come ha fatto
P. M. all’inizio del concerto per creare subito un clima disteso
e allegro, ma purtroppo le mie conoscenze linguistiche non arrivano
a tanto.
I Chieftains sono in attività da ben quarantatre anni e col
tempo sono diventati il gruppo folk irlandese più importante
in assoluto, grazie anche a Stanley Kubric che li ha scelti per musicare
il suo Barry Lyndon. Della formazione originale sono rimasti in quattro
e sul palco del folk festival di Verona erano accompagnati da vari
guest: una arpista e tastierista, un chitarrista americano di estrazione
country e un violinista canadese, scusate se non mi ricordo i nomi.
Inoltre sono saliti sul palco anche una cantante molto brava e un
ballerino a cui si è unito il violinista canadese (mi sembra
che fossero fratelli). La prima volta il ballerino è salito
sul palco fra lo stupore generale, perché sembrava che uno
del pubblico avesse invaso il palco per esibirsi in una danza sfrenata,
infatti non era stato annunciato ed è corso sullo stage come
un “cavallo pazzo”, ma ci si è resi conto quasi
subito che si trattava di un professionista, poi si è unito
a lui anche il violinista e il pubblico è andato in visibilio.
La danza era un intreccio pazzesco di gambe, inoltre avevano alle
scarpe dei sonagli metallici, assomigliava al tip tap per intenderci,
con cui facevano dei ritmi indiavolati, che infatti si sentono nei
dischi, ma io non sapevo che erano ottenuti ballando. I due ballerini
si sono esibiti più volte durante il concerto e sono sempre
stati salutati da una grande ovazione.
Durante tutta l’esibizione ogni componente ha avuto modo di
fare dei piccoli assoli e devo dire che, nonostante qualche piccola
sbavatura tecnica, si è potuta ascoltare delle musica sublime
suonata in modo splendido. Molto toccante anche quando il percussionista
Kevin Conneff ha cantato una canzone sull’emigrazione senza
accompagnamento musicale, dove è emersa tutta la musicalità
della sua voce e la carica poetica e malinconica della musica irlandese.
La scaletta del concerto spaziava lungo tutta la storia del gruppo,
con tre estratti da Long Black Veil, “Mo Ghile Mear”,
“The Foggy Dew” e “The Rocky Road to Dublin”,
uno dalla colonna sonora del già citato Barry Lyndon e altri
brani più o meno noti, ma la bellezza della musica, la simpatia
dei musicisti, la piacevolezza della location e tanti altri piccoli
fattori hanno fatto pensare al pubblico di essere in una prateria
del Connemara o su qualche collina vicino a Cashel, piuttosto che
nell’afosa e caotica pianura padana. Il decano Paddy Moloney
spesso e volentieri ha fatto battute e gag dimostrando la grande umanità
e semplicità tipiche dell’Isola Verde. Qualcuno ad inizio
concerto ha evocato delle comuni radici (tra l’altro in mezzo
a molti fischi e contestazioni), io non voglio di certo fare politica
ma non vedo dove siano le radici celtiche nella nostra società,
ma riconosco il merito di chi si è impegnato per deliziarci
con due ore della musica folk più bella del mondo.
Un grazie va anche alla Faustini che cura sempre le location dei propri
spettacoli con passione e un grazie di cuore soprattutto ai Chieftains
per la loro splendida musica, che mi ha ricordato la verde Irlanda,
paese di cui ho un’incredibile nostalgia.
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