I Dead Guitars sono una formazione tedesca giunta al secondo album,
su di loro non c’è ancora molto da dire, se non che dopo
aver suonato come supporto ai Mission, ben tre ex componenti della
band inglese, Wayne Hussey, Mark Thwaite e Richie Vernon, hanno collaborato
ad altrettanti brani di questo disco. La band sta attirando su di
se una certa attenzione per un post rock efficace, che pesca a piene
mani dal pop evoluto inglese, dai Depeche Mode ai Radiohead, passando
per U2 e Smiths, con un gusto vagamente dark e romantico. Il mix che
esce è fresco e intrigante, anche se non è così
originale come si potrebbe pensare.
Si tratta di un rock impegnato in una ricerca che emerge chiara da
subito, con le note incisive della malinconica “Pristine”,
dove fa capolino Thwaite, quasi un ambient rock, che cerca di unire
melodie oniriche ad un tessuto leggermente graffiante. Ma ecco che
la cantilenante “Watercolours” appare già stanca
e priva di nerbo. Meglio la malinconica “Isolation” con
Hussey che aggiunge pathos a questo brano stralunato. Ma la piece
migliore di questo primo lotto è la romantica “Blue”,
molto vicina a certe intuizioni degli Smiths di Morrissey. Il disco
prosegue su queste linee fino alla fine e a boccie ferme il bilancio
complessivo non è così esaltante come poteva sembrare
dalle buone premesse.
Le buone intenzioni non bastano, forse mi sbaglio visto che i Mission
quasi al completo hanno creduto in questi musicisti, ma a me questo
pop fiacco e stiracchiato convince poco, o meglio le idee sono buone
i risultati meno. GB
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