Quanta strada ha fatto Bruce Bruce, come veniva chiamato ai tempi
dei Samson, poi la svolta della vita con la chiamata negli inossidabili
Iron Maiden, ma non pago nel 1990 ha intrapreso una lunga carriera
solista, costellata di dischi che hanno lasciato il segno come Balls
To Picasso, Accident At Birth e soprattutto col capolavoro The Chemical
Wedding. Sono comunque passati diciannove anni dal precedente album
in studio Tyranny Of Souls. Al suo fianco ritroviamo il fido Roy Z,
il tastierista Mistheria e il batterista Dave Moreno.
Dico subito che The Mandrake Project è una vera bomba, un disco
perfetto dall’inizio alla fine, che mi ha ricordato il già
citato The Chemical Wedding, epico, profondo e oscuro, ricco di riff
assassini e di ottime melodie vocali, che Bruce interpreta con la
solita passione, sembra quasi che la sua voce sia tornata ai vecchi
fasti e questo ci fa molto piacere.
Fin dall’iniziale Afterglow Of Ragnarock si respira aria di
grandezza, anche se a mio parere è il pezzo più debole
del disco, ha un che di radiofonico nei cori, si recupera nelle parti
strumentali, ma essendo il primo singolo estratto deve essere accattivante.
Poi si innesta la marcia e con Many Doors To Hell inizia l’ascesa,
questo è un brano che per certi versi mi ricorda i BOC, un
metal non convenzionale perfetto per le doti interpretative di Dickinson.
The Mandrake Project è un disco che farà battere il
cuore a tutti i fans di Bruce, cosa che riesce solo in parte con i
Maiden, che negli ultimi lavori sembrano girare un po’ troppo
attorno a sé stessi. Qui troviamo delle vere zampate di genio.
In Resurrection Men cita un riff dei Black Sabbath, sorta di tributo
ai maestri indiscussi del genere.
Dickinson è un artista inquieto, la vita gli ha dato tanto
e ha fatto molte cose, tante da riempire più esistenze. A lui
questo però sembra non bastare e mentre molti suoi coetanei
oggi “giocano in difesa”, limitandosi spesso a fare bene
quello che sanno fare, Bruce continua a cercare di alzare l’asticella.
Grande prova d’autore! GB
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