Rock Impressions


MAGGIO 2005

LIVE AID E RECESSIONE

Bob Gedolf ha lanciato il Live Aid Eight e le grandi star del rock faranno la loro bella sfilata per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi del terzo mondo, questa volta non chiederanno fondi da devolvere in beneficenza, ma faranno pressioni per l’azzeramento del debito dei paesi più poveri. Le reazioni sono diverse, c’è chi maligna che Gedolf ha tirato molta acqua al suo mulino con queste iniziative, ma personalmente trovo miserabili queste critiche, perché se nessuno fa niente, niente cambia e deve essere ciascuno di noi, anche nel suo piccolo a prendere iniziative concrete. Poi se uno come Gedolf o come Bono prendono iniziative clamorose è inevitabile che queste, nel bene o nel male, facciano parlare di se, ma trovo che sia un’ottima cosa che questi musicisti si facciano portavoce dei problemi dei più poveri, anche se il loro scopo recondito non dovesse essere cristallino. Il bene di molti vale di più del vantaggio che pochi potrebbero ricavarne.

Ma nel panorama internazionale stanno emergendo con prepotenza nuove e ben più preoccupanti tensioni e sono convinto che non basta più chiedere l’azzeramento del debito, per questo è già tardi e servono iniziative ben più clamorose e scomode.

La Cina fa sempre più paura e non mi sorprenderebbe se, in un prossimo futuro, le cose dovessero esasperarsi creando nuovi pericolosi conflitti sociali e nazionali. Non voglio fare l’uccello del malaugurio e non penso nemmeno di essere una novella Cassandra, ma storicamente i conflitti sono quasi sempre scaturiti da problemi di natura economica. [Per una volta lasciamo stare la religione che è sempre stata presa come pretesto per mascherare ben altri interessi legati al dio denaro.]

Quello però che mi da fastidio è come sempre l’ipocrisia. L’Occidente è andato in Cina convinto di trovare un mercato immenso dalle potenzialità infinite, agli imprenditori brillavano gli occhi pensando ai milioni di cinesi pronti a correre come tanti moscerini a comprare i loro bellissimi prodotti da esportazione. Quindi avanti tutta, apriamo le porte alla Cina, mandiamo il presidente Ciampi a sottoscrivere lucrosi accordi commerciali con un bel sorriso amichevole e sornione stampato sulla faccia, tanto poi gli spacchiamo il culo noi ai cinesi e chi se ne frega se non rispettano i diritti umani, chi se ne frega dei morti e degli internati per motivi politici o religiosi…

Ma la sveglia per i nostri lungimiranti industriali, novelli conquistadores dell’eldorado asiatico, è arrivata molto prima del previsto e che sveglia e adesso son tutti li con Montezemolo in testa a piangersi addosso, non sanno più cosa fare loro che son sempre stati pronti a suggerire le soluzioni giuste per qualsiasi crisi. Il problema come al solito è che le difficoltà alla fine peseranno prima di tutto sulle nostre classi più deboli, sulla gente comune, sulle famiglie che stanno perdendo potere d’acquisto e peggio ancora i posti di lavoro, posti che è sempre più difficile trovare.

Il guaio è che la perfidia dei nostri cavalieri erranti ha raggiunto la perversione, perché hanno deciso di delocalizzare in Cina i loro stabilimenti per abbattere i costi di produzione, ma di continuare a vendere i loro prodotti (realizzati in Cina) sul mercato occidentale allo stesso prezzo dei prodotti fabbricati in occidente, per intascarsi la lucrosa differenza. Poi hanno indotto le famiglie ad indebitarsi per potersi permettere quello che non potevano più permettersi (il tenore di vita va mantenuto!), bisogna manterene il livello dei consumi, favorire la crescita economica del Paese… e giù mutui, crediti al consumo, pagamenti dilazionati, agevolati, rateizzati… ma come faranno le famiglie a pagare quando avranno perso il lavoro se non dovessero più riuscire a troverne un altro? E se questa situazione dovesse esplodere? Si sente dire sempre più spesso che abbiamo raggiunto un livello preoccupante di indebitamento.

Di fatto è la Cina che ci sta spaccando il culo, altro che creatività italiana, altro che il nostro (presunto) valore aggiunto inimitabile. La Cina è una nazione che ha una cultura millenaria ed è molto organizzata, non è un paese del quarto mondo che non riesce a darsi un governo stabile. Ma in un certo senso sono contento di quanto sta accadendo e me la prendo con gli uomini grigi, con i centri di potere, con tutti quegli onorevoli (???) signori che giocano fra la destra e la sinistra e che fanno la vita da nababbi, mentre rovinano la vita a tutti noi con delle scelte infami.

Fintanto che i nostri grandi condottieri non capiranno che devono livellare tutte le differenze fra stati ricchi e stati poveri e che non ci devono più essere condizioni di sfruttamento, ci sarà sempre una Cina o un Bin Laden pronti ad invaderci con o senza armi e noi non saremo mai pronti a fronteggiare queste minacce. L’Occidente si deve decidere, costi quello che costi, a diventare più povero, a creare le condizioni per una maggiore giustizia mondiale basata sul rispetto vero e sul sostegno ai paesi più poveri, perché si affranchino dalla loro povertà. Fintanto che un lavoratore del quarto mondo guadagna un ventesimo (sono stato ottimista) di quanto guadagna un lavoratore occidentale non ci sarà pace. Per questo temo che non sarà sufficiente l’azzeramento del debito dei paesi poveri, urgono provvedimenti molto più radicali e coraggiosi e sottolineo “molto”, che rivedano il nostro tenore di vita (visto che è praticamente impossibile e decisamente più problematico migliorare quello dei paesi poveri). A rischio c’è la sopravvivenza della nostra cultura, nel passato ne sono sparite già tante e la nostra potrebbe essere la prossima.

Forse la soluzione migliore sarebbe una mega svalutazione di tutte le valute di tutti i paesi fino al raggiungimento di un livello comune a tutti, un livello che ci avvicini il più possibile all’ultimo dei paesi del mondo. Ma questa non può e non deve essere l’unica strada, perché è una strada “negativa” (svalutare). Dobbiamo anche fare una scelta “positiva”, cambiare tutti mentalità, dobbiamo rivedere i nostri bisogni, le nostre priorità, le nostre pretese, le nostre aspettative. Basta con i “bisogni indotti”, con uno stile di vita che è solo offensivo per chi ha meno di noi, dobbiamo smettere di cercare di apparire e incominciare a cercare di “essere”. Basta con il mondo dorato dei calciatori e delle veline che non sono esempi per nessuno, perché la vita vera è un’altra cosa e lo sanno tutti, ma tutti continuano a sognare. Basta col super enalotto, col sogno di diventare multimiliardari, se il paese va a rotoli non basteranno i soldi per potersi salvare.

Basta con la distinzione tra ricco e povero, dobbiamo lavorare per un’uguaglianza planetaria e dobbiamo farlo subito. Purtroppo mi rattrista la consapevolezza che questo non verrà mai accettato, perché chi crede di avere del potere nelle mani non lo molla neanche in punto di morte (basta pensare a quanto è successo con la rivoluzione francese).

Io non auspico l’avvento di un sistema comunista generalizzato dove tutti sono uguali, non voglio la standardizzazione degli individui, ma vorrei un mondo dove le differenze non sono determinate dai portafogli delle persone. Il guaio è che la situazione è già molto esasperata e sembra essere arrivata ad un punto di rottura, o se preferite al punto di non ritorno. Ci stiamo avvicinando a tensioni da cui potrebbe non essere più possibile tornare indietro, forse è già troppo tardi. Come cantava il “buon” Sting: “History will teach us nothing!”

Giancarlo Bolther


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