LIVE
AID E RECESSIONE
Bob Gedolf ha lanciato il Live Aid Eight e le grandi star del
rock faranno la loro bella sfilata per sensibilizzare l’opinione
pubblica sui problemi del terzo mondo, questa volta non chiederanno
fondi da devolvere in beneficenza, ma faranno pressioni per l’azzeramento
del debito dei paesi più poveri. Le reazioni sono diverse,
c’è chi maligna che Gedolf ha tirato molta acqua
al suo mulino con queste iniziative, ma personalmente trovo miserabili
queste critiche, perché se nessuno fa niente, niente cambia
e deve essere ciascuno di noi, anche nel suo piccolo a prendere
iniziative concrete. Poi se uno come Gedolf o come Bono prendono
iniziative clamorose è inevitabile che queste, nel bene
o nel male, facciano parlare di se, ma trovo che sia un’ottima
cosa che questi musicisti si facciano portavoce dei problemi dei
più poveri, anche se il loro scopo recondito non dovesse
essere cristallino. Il bene di molti vale di più del vantaggio
che pochi potrebbero ricavarne.
Ma nel panorama internazionale stanno emergendo con prepotenza
nuove e ben più preoccupanti tensioni e sono convinto che
non basta più chiedere l’azzeramento del debito,
per questo è già tardi e servono iniziative ben
più clamorose e scomode.
La Cina fa sempre più paura e non mi sorprenderebbe se,
in un prossimo futuro, le cose dovessero esasperarsi creando nuovi
pericolosi conflitti sociali e nazionali. Non voglio fare l’uccello
del malaugurio e non penso nemmeno di essere una novella Cassandra,
ma storicamente i conflitti sono quasi sempre scaturiti da problemi
di natura economica. [Per una volta lasciamo stare la religione
che è sempre stata presa come pretesto per mascherare ben
altri interessi legati al dio denaro.]
Quello però che mi da fastidio è come sempre l’ipocrisia.
L’Occidente è andato in Cina convinto di trovare
un mercato immenso dalle potenzialità infinite, agli imprenditori
brillavano gli occhi pensando ai milioni di cinesi pronti a correre
come tanti moscerini a comprare i loro bellissimi prodotti da
esportazione. Quindi avanti tutta, apriamo le porte alla Cina,
mandiamo il presidente Ciampi a sottoscrivere lucrosi accordi
commerciali con un bel sorriso amichevole e sornione stampato
sulla faccia, tanto poi gli spacchiamo il culo noi ai cinesi e
chi se ne frega se non rispettano i diritti umani, chi se ne frega
dei morti e degli internati per motivi politici o religiosi…
Ma la sveglia per i nostri lungimiranti industriali, novelli conquistadores
dell’eldorado asiatico, è arrivata molto prima del
previsto e che sveglia e adesso son tutti li con Montezemolo in
testa a piangersi addosso, non sanno più cosa fare loro
che son sempre stati pronti a suggerire le soluzioni giuste per
qualsiasi crisi. Il problema come al solito è che le difficoltà
alla fine peseranno prima di tutto sulle nostre classi più
deboli, sulla gente comune, sulle famiglie che stanno perdendo
potere d’acquisto e peggio ancora i posti di lavoro, posti
che è sempre più difficile trovare.
Il guaio è che la perfidia dei nostri cavalieri erranti
ha raggiunto la perversione, perché hanno deciso di delocalizzare
in Cina i loro stabilimenti per abbattere i costi di produzione,
ma di continuare a vendere i loro prodotti (realizzati in Cina)
sul mercato occidentale allo stesso prezzo dei prodotti fabbricati
in occidente, per intascarsi la lucrosa differenza. Poi hanno
indotto le famiglie ad indebitarsi per potersi permettere quello
che non potevano più permettersi (il tenore di vita va
mantenuto!), bisogna manterene il livello dei consumi, favorire
la crescita economica del Paese… e giù mutui, crediti
al consumo, pagamenti dilazionati, agevolati, rateizzati…
ma come faranno le famiglie a pagare quando avranno perso il lavoro
se non dovessero più riuscire a troverne un altro? E se
questa situazione dovesse esplodere? Si sente dire sempre più
spesso che abbiamo raggiunto un livello preoccupante di indebitamento.
Di fatto è la Cina che ci sta spaccando il culo, altro
che creatività italiana, altro che il nostro (presunto)
valore aggiunto inimitabile. La Cina è una nazione che
ha una cultura millenaria ed è molto organizzata, non è
un paese del quarto mondo che non riesce a darsi un governo stabile.
Ma in un certo senso sono contento di quanto sta accadendo e me
la prendo con gli uomini grigi, con i centri di potere, con tutti
quegli onorevoli (???) signori che giocano fra la destra e la
sinistra e che fanno la vita da nababbi, mentre rovinano la vita
a tutti noi con delle scelte infami.
Fintanto che i nostri grandi condottieri non capiranno che devono
livellare tutte le differenze fra stati ricchi e stati poveri
e che non ci devono più essere condizioni di sfruttamento,
ci sarà sempre una Cina o un Bin Laden pronti ad invaderci
con o senza armi e noi non saremo mai pronti a fronteggiare queste
minacce. L’Occidente si deve decidere, costi quello che
costi, a diventare più povero, a creare le condizioni per
una maggiore giustizia mondiale basata sul rispetto vero e sul
sostegno ai paesi più poveri, perché si affranchino
dalla loro povertà. Fintanto che un lavoratore del quarto
mondo guadagna un ventesimo (sono stato ottimista) di quanto guadagna
un lavoratore occidentale non ci sarà pace. Per questo
temo che non sarà sufficiente l’azzeramento del debito
dei paesi poveri, urgono provvedimenti molto più radicali
e coraggiosi e sottolineo “molto”, che rivedano il
nostro tenore di vita (visto che è praticamente impossibile
e decisamente più problematico migliorare quello dei paesi
poveri). A rischio c’è la sopravvivenza della nostra
cultura, nel passato ne sono sparite già tante e la nostra
potrebbe essere la prossima.
Forse la soluzione migliore sarebbe una mega svalutazione di tutte
le valute di tutti i paesi fino al raggiungimento di un livello
comune a tutti, un livello che ci avvicini il più possibile
all’ultimo dei paesi del mondo. Ma questa non può
e non deve essere l’unica strada, perché è
una strada “negativa” (svalutare). Dobbiamo anche
fare una scelta “positiva”, cambiare tutti mentalità,
dobbiamo rivedere i nostri bisogni, le nostre priorità,
le nostre pretese, le nostre aspettative. Basta con i “bisogni
indotti”, con uno stile di vita che è solo offensivo
per chi ha meno di noi, dobbiamo smettere di cercare di apparire
e incominciare a cercare di “essere”. Basta con il
mondo dorato dei calciatori e delle veline che non sono esempi
per nessuno, perché la vita vera è un’altra
cosa e lo sanno tutti, ma tutti continuano a sognare. Basta col
super enalotto, col sogno di diventare multimiliardari, se il
paese va a rotoli non basteranno i soldi per potersi salvare.
Basta con la distinzione tra ricco e povero, dobbiamo lavorare
per un’uguaglianza planetaria e dobbiamo farlo subito. Purtroppo
mi rattrista la consapevolezza che questo non verrà mai
accettato, perché chi crede di avere del potere nelle mani
non lo molla neanche in punto di morte (basta pensare a quanto
è successo con la rivoluzione francese).
Io non auspico l’avvento di un sistema comunista generalizzato
dove tutti sono uguali, non voglio la standardizzazione degli
individui, ma vorrei un mondo dove le differenze non sono determinate
dai portafogli delle persone. Il guaio è che la situazione
è già molto esasperata e sembra essere arrivata
ad un punto di rottura, o se preferite al punto di non ritorno.
Ci stiamo avvicinando a tensioni da cui potrebbe non essere più
possibile tornare indietro, forse è già troppo tardi.
Come cantava il “buon” Sting: “History will
teach us nothing!”
Giancarlo Bolther
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