Minco Eggersman è un prolifico polistrumentista olandese nato
nel 1977, autore di numerosi dischi realizzati con differenti progetti.
Ed è proprio dopo questi ultimi tre anni dedicati alla creazione
di colonne sonore per film e documentari per la televisione nazionale
olandese, che ritorna alla musica solista con questo nuovo prodotto
dal titolo “Kavkasia”.
Esso nasce ispirato da un viaggio effettuato con sua moglie in Georgia,
e riflette la ricerca di bellezza, di forza e di riposo, sulle montagne
caucasiche.
L’intento dell’artista è quello di immergere l’ascoltatore
in questa tela di natura, dove i colori sono le note, tenui ma allo
stesso tempo capaci di apporre profondità all’opera.
Nella musica Ambient che scaturisce dalle dodici canzoni si evince
ariosità, pacatezza, e si ha la sensazione di vivere di persona
i posti visitati dal musicista. Non a caso gran parte del materiale
è basato su registrazioni eseguite “sul campo”
da parte di Minco e dal regista Yaron Cohen in Georgia, registrazioni
che effettivamente portano direttamente la Georgia nel salotto dell'ascoltatore.
Per raggiungere questo scopo Eggersman si è coadiuvato di artisti
della ECM come Audun Erlien (Mathias Eick e Silje Nergaard), Svante
Henryson (che ha collaborato con Steve Gadd, Ryan Adams e Elvis Costello),
Oene Van Geel(Jan Bang) e Paul Van Der Feen della Metropole Orchestra.
Lui pur essendo un batterista in primis, in
“Kavkasia” non suona la batteria, la musica composta non
ne necessita.
Come hanno già detto in Italia gli Arti & Metieri in “Tilt”,
qui si hanno “Immagini per un orecchio”, fotografie e
voli pindarici anche ad alta quota. Musica da ascoltare prevalentemente
ad occhi chiusi per non lasciarsi influenzare da distrazioni esterne.
Le tracce sonore sono alquanto brevi, escluse due, “Holy Ground”
e “Tiblisi Calls”, quest’ultima aperta con vero
suono di campane. Il paesaggio è avanti a noi. “Dance”
è cantata ed il canto è serioso in stile primi Pink
Floyd, pacato e profondo.
Ottoni in “The Black Sea” mentre la malinconica “The
Other Side Of Down” si avvicina alla Psichedelia. I territori
musicali esplorati sono molteplici, anche ambienti Etno/Folk si affacciano
di tanto in tanto, come nell’inizio di “Stepantsminda”.
“Deda Ena” è fra le mie preferite, acustica e vicina
al cantautorato americano anni ‘60/70, reminiscenze Tim Buckley.
Ma non è un disco da centellinare in descrizioni singole, è
semplicemente un puzzle dove la visione sta nell’orecchio di
chi ascolta. La mia non sarà la stessa della vostra, per cui
mi limito solo a consigliarvelo.
In un mondo dove si corre senza meta, dove la frenesia ci travolge,
un bel viaggio rilassante nel Caucaso ci sta proprio bene, almeno
facciamolo con la fantasia, non ci costa nulla. MS
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