Rock Impressions
 

INTERVISTA AGLI ELEKTRADRIVE
di Adriano Moschioni

Quanto abbiamo atteso il nuovo disco degli Elektradrive? Quanti di noi avevano ormai riposto qualsisia speranza di riascoltare le magiche melodie che i torinesi hanno distribuito con munificenza in tanti anni di onorata carriera? Ecco allora che "Living 4" giunge propizio a fugar ogni dubbio: un lavoro magistrale, professionale e curato in ogni dettaglio, melodico e moderno allo stesso tempo, un ponte tra un passato di riconoscimenti ed un futuro ancora da scrivere. Con un presente tangibile, con tante belle canzoni e dei testi che, come sempre, ci fanno riflettere. La produzione è attualissima, il marchio di fabbrica è sempre lo stesso, tutti questi anni non sono passati invano, non ci troviamo dinanzi alla solita, inutile reunion di un gruppo inaridito e privo di idee, che nulla ha da aggiungere alla propria carriera. Tutt'altro, questo nuovo capitolo della lunga vicenda degli Elektradrive ci riserva pagine nuove, fresche come l'ispirazione che anima ogni singolo episodio di "Living 4". Inevitabilmente i ricordi s'accavallano tumultuosi, e molte curiosità riferite ai trascorsi del combo riaffioreranno. Ma il nuovo album sarà il protagonista di questa nostra intervista, statene certi. Amici lettori di Rock Impressions, ecco a voi gli Elektradrive! (Rispondono Simone Falovo, Alex Jorio e Stefano Turolla)

"Living 4"... Un numero che si ripete: il quarto disco, siete rimasti in quattro, sono semplici coincidenze, o v'è qualcosa in più che lo sottende?
A.J - Ci è sempre piaciuto giocare con i titoli e cercare molteplici significati, anche in questo caso il destino ha mescolato il tutto dando ancora più senso al titolo che era già nato scrivendo l´omonima song. Si possono attribuire diversi significati come “vivendo per la musica” o “vivendo per la quarta volta” oppure “vivendo per questa terra”... Lasciamo ampio spazio all´interpretazione.
S.T. - Sempre giocando con i numeri, con questo disco speriamo di avere calato il poker in tutti i sensi... o forse è che vogliamo oscurare la scena ai FANTASTICI 4, anzi adesso ci facciamo anche noi le magliette con il numero!!

Un titolo che si presta ad una duplice interpretazione, non solo a quella letterale, come "Due", il vostro secondo album ma anche dovuto, in inglese. E' così anche per la vostra ultima fatica?
S.F. - In realtà Living 4 sta per: "vivere per... (qualcosa)", e nel caso di noi musicisti, il qualcosa è la musica quindi... vivere per la musica, la forte e trascinante passione, il vero motivo che ci ha fatto tornare in pista dopo tanti anni... casualmente L4 è anche il titolo del primo brano che abbiamo scritto insieme io ed Elio dopo tanti anni di scioglimento, ed è, oltre la title-track, anche la "prima pietra" su cui è nato tutto il nuovo album. Casualmente il fattore numerico quattro coincide perfettamente con il numero d´ordine dell´album...
A.J - Come detto per “Living 4” anche per “Due” il doppio significato di secondo album e di dovere verso i nostri fan si integrò perfettamente con il testo della song che conteneva una famosa frase di JFK: “Non chiedetevi cosa la nazione deve fare per voi ma chiedetevi cosa dovete fare voi per la Nazione”.

Inevitabile riferirsi al vostro passato: già agli esordi gli Elektradrive si evidenziarono per la profondità delle loro liriche, inserite in un contesto di grande classe ma pure epico e maestoso. Erano gli anni di "Over the space" e dei vostri esordi. Quanti vi avranno posto le stesse domande, forse troppi, ma a beneficio dei più giovani che, non avendo vissuto quell'epoca (eh, sono vecchio, lo so! D'altronde sono fra i fortunati a possedere una copia di "Let it survive"), mi piacerebbe che spendeste alcune parole sui fatidici primi passi. Certo è che era tutt'altra epoca!
A.J - All´epoca vivevamo i nostri venti anni con entusiasmo e con una voglia di fare incredibile che si rispecchia nell´energia dei nostri primi prodotti. La voglia di assomigliare ai nostri idoli di sempre era uno sprone incredibile per migliorare e per produrre musica nostra. Certo che in piena new wave per un gruppo hard n´ heavy non era facile, la lingua italiana era bandita e così le tastiere che noi proprio per andare controcorrente inserimmo per ampliare le nostre possibilità compositive riconoscendone il potenziale e la modernità del momento. Il circuito musicale era molto ridotto rispetto ad oggi, e spesso ti esibivi in vecchi night club o discoteche reduci degli anni 70 in cerca di un nuovo pubblico. Il coraggio di trattare certe tematiche al di fuori della triade sesso droga e rock n´ roll , vedi “Let it survive” o “Clash of Tytans” oppure “A man that got no heart” fu una scelta coraggiosa che ci aiutò a non passare inosservati e a guadagnarci qualche passaggio in RAI e la stima della stampa.

90/100 su Metal Forces per "Over the space", cinque kappa su Kerrang per "Due", i consensi unanimi della stampa italiana: cosa mancò agli Elektradrive, per spiccare il salto definitivo che porta alla notorietà ed al successo?
A.J - Direi quello che è sempre mancato in Italia, imprenditori della musica, manager, persone lungimiranti con il coraggio di investire, mossi dalla passione e non dalla moda dell’ultimo momento peraltro spesso copiata da altri paesi.
S.T.- Mancò il fatto che gli addetti del settore discografico non tennero conto di queste esternazioni positive della stampa specializzata, e a noi mancò il coraggio di lasciare le nostre occupazioni per tentare il tutto per tutto... e forse mancò anche un po' di culo!

Indispensabile soffermarsi sui testi e sopra tutto sui loro contenuti, che già sugli episodi che precedettero "Living 4" affrontavano tematiche assai compartecipate. E´ così ovviamente anche per le nuove canzoni, tanto che mi par d´intendere che trattasi di un vero e proprio concept-album. Oggi è la nostra Terra, e le terribili problematiche connesse alla sua stessa sopravvivenza, e quindi alla nostra, a costituire l´ossatura di ogni singolo pezzo e delle sue parole. Messaggi, esperienze, moniti, paure, cosa esprimete con i vostri pensieri?
S.F - Su “Living 4” abbiamo sviluppato, con tanta convinzione, tre temi fondamentali che ci stanno molto a cuore: la salvaguardia dell'ambiente, le domande interiori dell'essere umano sulla propria esistenza, e le Corporazioni, che oscuramente gestiscono e manipolano le masse. Io ed Elio, come in passato per i precedenti album, abbiamo dedicato molto tempo e parecchia attenzione su temi meno immediati e spensierati dei soliti cliché del rock, che si adattassero bene all'atmosfera sonora delle song e siamo molto contenti del lavoro fatto. Speriamo che in Italia, non ancora pronta per la lingua inglese, qualche ascoltatore abbia voglia di apprezzare anche la nostra "vena poetica" oltre che la qualità delle musica! Per noi forse è il miglior album a livello di testi, e un po´ presuntuosamente lo consideriamo un concept: ciò che esprimiamo nei testi delle song è quello che veramente pensiamo su questi temi, nel senso che riteniamo che la canzone sia un modo per attirare e concentrare attenzione su un argomento, che magari nei canali ufficiali passa stranamente inosservato.
A.J - Ogni lavoro per noi è come un film con relativa trama, personaggi, situazioni e messaggi e non una raccolta di semplici canzoni. Questa coerenza fra song e temi trattati fa sì che il risultato assuma i toni di un concepì.

Potei assistere ad un vostro live nei primi mesi del 1990, grande emozione ed incredibile trasporto: poi volaste a Los Angeles, la patria del rock edulcorato, una esperienza che pochi hanno potuto vivere in prima persona. Cosa accadde in quelle giornate americane?
A.J - Quell´esperienza ci insegnò che quando fai la tua musica con passione e dedizione non devi avere paura di nulla, neanche il confronto con gli americani a casa loro. Il problema casomai fu l´esoso affitto che ci chiesero per gli strumenti che, tranne le chitarre, dovemmo prendere in loco. In compenso fummo invitati a feste dove conoscemmo musicisti come Billy Sheehan, Gregg Bissonette, David Lee Roth, tutti molto disponibili considerandoci dei loro colleghi a tutti gli effetti. Alcuni produttori rimasero interdetti quando confessammo di non avere un contratto in Italia, non ci potevano credere e ci consigliarono di fermarci sei mesi a Los Angeles per tentare la carta vincente. Purtroppo avevamo altri impegni lavorativi e famigliari che ci fecero bruscamente risvegliare dal sogno!

"Big City": melodia e classe. I primi dieci anni della band, ancora recensioni positive, concerti acclamatissimi, poi però tutto si fermò. Rimasi basito, ricordo il mio disappunto, e le speranze che rifiorirono quando un mio amico, vostro concittadino, mi spedì una cassetta contenente alcuni pezzi, titolata "Elektrik". Una ennesima reliquia, ma gli auspici di vedervi di nuovo attivi si rivelarono presto vani. E' un capitolo della vostra storia per me confuso, e che certamente nasconde aspetti sconosciuti e forse pure dolorosi, vi prego comunque di far luce su quegli anni di silenzio.
A.J - Dopo la breve esperienza americana e la relativa pubblicità e interesse che ne seguì, sentimmo bisogno di riscatto e conferme che coronarono nell´uscita di “Big City”, album peraltro molto particolare che ci consacrò maestri del genere, ma ci fece sfiorare l´abisso del pop creando una serie di dubbi sul futuro e sull´idea di dover rimanere eterni artisti in cerca di un contratto serio. Decidemmo quindi di "congelare" il progetto in attesa di tempi migliori prendendoci tutti un po’ di tempo per dedicarci ad altri progetti, preservando il nome della band e l´amicizia reciproca. Io e Simone scrivemmo nuovo materiale rimasto inedito che suonammo in giro con altri membri. Riguardo ad “Elektrik” non sappiamo a cosa ti stia riferendo, ma se è interessante la ascoltiamo volentieri! (E questa potrebbe essere una chicca… N.d.AM)

Cosa vi ha spinti a riformarvi, a scrivere nuovo materiale? In che lasso temporale sono nate le canzoni che compongono "Living 4"?
S.F. - Ci ha spinto a scrivere nuovo materiale la passione per la musica (da qui il titolo dell'album) ed il fatto che durante la scrittura e la stesura dei pezzi per noi tutti è significato ritrovarsi a casa propria. Tutti i grandi gruppi hanno un'aura magica, che viene dalla sinergia fra gli elementi, ed anche nel nostro piccolo è stato così. Il primo pezzo uscito è proprio la title track, e mi piace ricordare che è rimasta immutata nella struttura dal momento in cui l'abbiamo conclusa, circa quattro anni fa. Tutte le altre sono venute fuori di seguito, e la composizione dell'intero album è durata circa due anni.

Come accennato nella prima domanda, siete rimasti in quattro: manca il vostro tastierista Eugenio Manassero, a cosa è dovuta la sua assenza?
A.J - Dopo lo stop forzato del ‘94 alcuni di noi hanno intrapreso carriere ed occupazioni importanti. Eugenio è stato ovviamente interpellato riguardo al come-back, ma per una serie di impegni ha preferito rinunciare rimanendo comunque un amico che frequentiamo ed un musicista preparato che ha dato molto alla band a livello compositivo.

Lo scorrere del tempo, le nuove esperienze che la vita ci porta a compiere, ci cambiano come uomini, come membri della società, nel vostro caso anche come artisti, in quanto tali; chi sono gli Elektradrive del nuovo millennio?
S.F - Siamo una band, un'entità sonora alla costante ricerca dell'originalità, e in alcune cose pensiamo di esserci arrivati. Forse in Italia questo è un prezzo che noi abbiamo pagato molto caro e che forse continueremo a pagare, ma siamo sicuramente convinti che oggi conquistiamo l'apprezzamento incondizionato dei nostri ascoltatori, e tutto ciò ci rende padroni di una storia bellissima e rara nel panorama italiano. Nonostante le poche soddisfazioni "commerciali" prese in passato rispetto a ciò che è stato prodotto, siamo entusiasti di tutti i risultati ottenuti e con il nuovo disco speriamo di raggiungere un pubblico giovane che ai nostri tempi magari non ascoltava ancora musica. Non siamo cambiati molto, siamo sempre molto sensibili alle emozioni che la musica può darti e questo approccio genuino lo abbiamo mantenuto anche per questo disco.
S.T.- Sostanzialmente dei vecchi, a dimostrazione del fatto però che nella musica l'età non conta, anzi, la nostra voglia di rinnovamento nelle sonorità, nei riff, rende la nostra musica moderna e giovane, più di cose fatte da musicisti che potrebbero essere nostri figli.

Ancora una volta la melodia rappresenta un cardine della vostra produzione, seppur espressa tenendo conto delle urgenze espressive moderne. Contrariamente a molti gruppi di rock melodico ancora attivi, o riformatisi ultimamente, fornite una chiave di lettura attuale e fresca di tale genere, mantenendo intatte e ben riconoscibili quelle caratteristiche che forgiarono un vero e proprio marchio, il vostro, facilmente riconoscibile in tanti anni di carriera.
S.F - Questa domanda è un complimento implicito: in tutti i nostri album, abbiamo sempre rivolto attenzione alla melodia, per noi una canzone deve avere come requisito fondamentale una buona linea melodica, deve essere bella altrimenti la scartiamo, non sviluppiamo neanche la parte musicale. Quando dico bella, significa che una canzone suona bene anche quando la esegui semplicemente con la chitarra acustica. Fortunatamente anche dopo tutti questi anni siamo riusciti a scrivere dei pezzi che ci soddisfano, senza risultare però troppo nostalgici rispetto alle cose passate e sufficientemente attuali nella veste stilistica.

Vi sono diversi pezzi (ehm, quasi tutti) di "Living 4" che mi hanno particolarmente intrigato. Fra questi "Get the power from the sun", arricchito da atmosfere progressive determinate dall'uso del flauto, mentre in altre tracce emerge una maggiore durezza, un parziale incrudimento del sound per certi versi inedito. E´ un altro indizio della vostra ulteriore evoluzione?
S.F. - Siamo divoratori di musica a 360°: molti si stupirebbero di ciò che ascoltiamo, che spesso non c'entra niente con il genere hard/heavy o ciò che si sente nei nostri dischi. Ma con orgoglio ci riteniamo musicisti ed appassionati di musica "very open minded", così è probabile che qualche influenza insolita vada a finire nella nostra musica. C'era questa coda molto prog di "Get power..." che ho personalmente scritto, e sulla quale si pensava di mettere un solo di chitarra, quando poi ci è venuto in mente di sfruttare l'amicizia con Mauro, e completare il pezzo con un insolito solo di flauto, e è venuto fuori un abbinamento bellissimo!!!
A.J. - Certamente è un indizio che ti fa comprendere quanto non ci piaccia ripetere dei clichè. Come ci piace specificare nelle interviste, questa non è una reunion ripartendo da dove ci siamo fermati perché non sarebbe stato onesto verso di noi e i nostri fan. Vogliamo ancora stupire e spiazzare come sempre.

Non a caso ho utilizzato questo termine, evoluzione, perché certamente mai avete temuto il confronto con voi stessi, con l´esigenza tipica di ogni artista, di quelli veri, almeno, di compiere ad ogni nuova creazione un passo avanti. Rischiando in prima persona, rimettendo magari in discussione anni di duro lavoro. Oggi come ai tempi di "Over the space", gli Elektradrive riescono a stupire ancora l´ascoltatore!
S.F. - E' sempre difficile per un artista trovare il giusto bilanciamento fra la continuità, e quindi il conseguimento della propria identità artistica, e la necessità di evolversi, quindi di proporre musica che non assomigli troppo ai capitoli precedenti. Al giorno d'oggi è molto difficile, anche perché c'è molta più gente che suona, la composizione o l'idea originale, è difficile trovarla. Sicuramente, nessuno dei nostri quattro album assomiglia all'altro...e pensiamo di aver centrato un obiettivo, ciò non fa altro che valorizzare la nostra costante ricerca di cose nuove. Molte rock band miliardarie che non nomino e sono state fra i nostri ideali del passato, continuano dopo decenni a riproporre dei loro cliché armonici e melodici, di struttura compositiva e di riff. In pratica per noi sono ormai inascoltabili, ma probabilmente fanno molto affidamento al loro look, all'ideologia che trasmettono, e stando ai loro incassi, ed al successo che riscuotono, la cosa funziona. In musica il rimettersi in discussione comporta un prezzo da pagare. Per noi contano molto la qualità delle canzoni scritte ed il modo in cui le abbiamo interpretate e suonate, indifferentemente dallo stile con cui le abbiamo proposte, e siamo molto fieri di questo!

Oltre a quelle contenute nel disco, avete composto altri pezzi?
S.F. - Ci sono circa cinque/sei pezzi che sono rimasti fuori dall'album. Quando abbiamo scelto la track-list ci piacevano, ma non ci sembrava avessero tantissimo in comune con quelli scelti.

"Living 4" è stato pubblicato dalla Valery Records, come siete entrati in contatto con la vostra nuova label, e come si sta sviluppando questa collaborazione?
S.F. - E' stato un caso di... telepatia! Proprio mentre stavamo completando la stesura delle song di “Living 4”, fu la Valery che ci contattò e conoscendo molto bene il nostro (glorioso) passato, ci chiese se eravamo di nuovo in pista e se stavamo facendo qualcosa. Dato che oggi non è molto frequente che una label cerchi un artista, da quel momento abbiamo capito che loro facevano al caso nostro ed abbiamo iniziato ad accordarci per questo nuovo lavoro. Grazie alla Valery possiamo usufruire di un'ottima promozione che in passato curavamo autonomamente, e che oggi speriamo possa portare dei frutti interessanti soprattutto all'estero...

Avete già programmato delle date live, od avete già effettuato dei concerti a supporto del nuovo cd?
S.F – Sì, ci vedrete sul palco del BRC Fest il 6 giugno a Bologna in un bill internazionale con Bonfire, Silent Rage e un headliner a sorpresa! Vi aspettiamo sotto il palco!

A venticinque e più anni dal vostro debutto come Elektradrive, come vi ponete nei confronti del variegato mondo del rock alternativo italiano?
A.J - Fin dagli esordi e con la scelta della lingua inglese abbiamo subito pensato in grande competendo con il mercato europeo, anglosassone ed americano ed alla fine abbiamo avuto conferme che il nostro prodotto era perfettamente esportabile, ma mancava la volontà di farlo. L´Italia è un mercato molto ridotto ed il fenomeno, come dici tu, "alternativo" è troppo territoriale. Oltre ciò, quello che continuiamo a vedere in Italia sono imitazioni di band straniere di tendenza. Tanto atteggiamento e poca consistenza.

Commiato di rito: a voi le parole finali, il suggello a questa nostra chiacchierata.
S.F. - Nonostante le difficoltà iniziali nel rimettere in moto la nostra macchina dopo tanti anni di stop, siamo molto contenti di essere ritornati e di aver soddisfatto molti nostri ammiratori che ci hanno aspettato per molto tempo, per cui arrivederci ai nostri concerti live, vi aspettiamo numerosi!
KEEP ON ROCKIN' !

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