Il New Prog è stato molto importante negli anni ’80,
ha avuto la capacità di far sopravvivere il vecchio Progressive
Rock sino ai giorni nostri, malgrado le pugnalate del Punk, della
“Febbre Del Sabato Sera” e della New Wave. Il fenomeno
è come sempre partito dall’Inghilterra, punto di riferimento
Genesis e Pink Floyd su tutti, ma è stato supportato da tutta
Europa e non solo. Anche noi italiani siamo stati in gioco con gruppi
come Nuova Era o Arcansiel, ma la Germania ha saputo fare nel tempo
la voce grossa. Un gruppo che ha partecipato attivamente a questa
corrente di matrice prettamente Marillioniana (era Fish ovviamente)
si chiama Chandelier ed Herry Rubarth ne è stato il batterista.
Lo ritroviamo nel 2001 in questo nuovo progetto dal nome Elleven.
Con lui la cantante e chitarrista Julia Graff, Carsten Hutter alla
chitarra, Armin Riemer alle tastiere e Roger Weitz al basso. Con “Transfiction”
giungono al secondo suggello, dopo “Insight” del 2007.
Come stile della Progressive Promotion Records, il disco è
presentato in veste cartonata ed elegante, con un libretto di accompagnamento
curato contenente i testi e le foto. I disegni psichedelici mi fanno
tornare alla mente quelli della ristampa cd dei Pink Floyd “The
Piper At The Gates Of Dawn”. Otto i brani contenuti, tutti di
media lunga durata, oscillanti dai sette agli undici minuti al massimo.
“Try” apre il disco e fanno capolino anche gli Arena,
grazie alle forti chitarre, ma la voce di Julia racconta un'altra
storia, magari più vicina a quella dei The Gathering. Notevole
il momento centrale con l’Hammond che accompagna, e la chitarra
che smette di ruggire per deliziare con un breve assolo sentito e
profondo. Siamo al cospetto di Progressive Rock da cantare, dove la
tecnica è al servizio della melodia e non del autocompiacimento.
Anche in “Not The One” il momento centrale è il
più interessante, fra chitarra e tastiere, qui più enfatiche
e riempitive.
Accenni nipponici in “Sakura Tree”, canzone delicata come
la voce di Julia. La successiva “Blurry Road” è
sempre dentro i canoni della delicatezza, salvo entrare nell’enfasi
finale degli assolo. Il ritmo prima sale e poi si spezza in “Anyway”,
e qui siamo in pieno New Prog. “Reproduction” ripropone
lo stile Elleven senza strafare, ma è “Dust And Light”
che personalmente mi convince di più, grazie alla sua varietà.
Il disco viene chiuso da “Losing Tracks”, la canzone inizialmente
acustica è anche la più breve nei quasi cinque minuti.
L’intento degli Elleven è palesemente quello di emozionare,
di coccolare l’ascoltatore con melodie leggiere, fragili, senza
mai alzare troppo la voce. Ci riesce sicuramente, ma avviso tutti
coloro che pretendono dal Prog vigore e tecnica che qui ci si rilassa
ad occhi chiusi e spesso è anche bello lasciarsi andare e sognare.
MS
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