Dal debutto del ’96 ad oggi gli Empyrium hanno prodotto quattro
album, l’ultimo dei quali è uscito nel 2002 e che hanno
mostrato una discreta crescita, passando da un dark metal iniziale
all’attuale dark folk apocalittico. Questo nuovo cd, come suggerisce
il titolo, propone una rivisitazione di vari brani presi da tutti
e quattro gli album precedenti con l’aggiunta di due nuove tracks.
Il sound di questi musicisti appare subito apocalittico e spettrale,
non è proprio un genere innovativo, perché sono molti
i gruppi che si stanno avventurando in questi territori, ma non si
tratta certo di una scelta dettata da pruriti commerciali. La track
list si compone di tredici tracce molto lunghe, pregevoli per costruzione,
anche se alla lunga il risultato è un tantino pesante e verso
la fine degli oltre settanta minuti si avverte una certa stanchezza.
Il bilanciamento fra le varie parti musicali, classica, folk, progressive
e metal, appare convincente ed è ochestrato con sapienza. Si
sente che dietro c’è un gran lavoro di arrangiamento
e nessuna delle componenti prevale sulle altre. Le atmosfere sono
pervase da un naturalismo catastrofico, da un senso di incombente
disastro, il canto di dolore di una natura troppo spesso offesa da
una delle sue creature più riuscite, ma che è anche
quella che le si è rivoltata contro. La tristezza sconfinata
è senza risposta, senza futuro, riuscirà l’uomo
a fermarsi e a tornare sui suoi passi prima che sia troppo tardi?
L'album è bello, anche se ha il difetto di essere un po’
lungo e prolisso, talvolta stanca un po’, ma se il gruppo saprà
ripartire, valorizzando le cose migliori che abbiamo qui ascoltato,
e crescere, in futuro avremo di sicuro dell’ottima musica targata
Empyrium. GB
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