Dopo
il buon debutto “Welcome To The Show” i Danesi Evil Masquerade
ritornano all’attacco con questo nuovo lavoro di Metal Neoclassico
e teatrale. Divertenti e determinati maturano a udito d’orecchio,
coinvolgendo l’ascoltatore nel loro teatro dell’epico.
Si apre il sipario con “When Satan Class”, si pesta subito
duro grazie ad una eccellente sezione ritmica composta da Tennis Buhl
alla batteria e da Kasher Gram al basso. Incredibile a dirsi ma nella
successiva “Theatrical Madness” scorgiamo curiosi frangenti
recitati alla Queen con tanto di coretti e chitarre alla Bryan May,
oltre che ad una eccellente prova vocale del cantante Henrik Brockmann.
La sorpresa è dunque notevole, come quella che ci attende in
“Bozo The Clown” , ossia Andrè Andersen (Royal
Hunt) alle tastiere. Il brano è divertentissimo, ancora potenza,
cori e melodie operistiche. Gli Evil Masquerade sanno cosa vogliono,
sinonimo di forte personalità.
L’opera prosegue con “Now When Our Stars Are Fading”
e le sorprese continuano, questa volta alle tastiere appare come ospite
Richard Andersson (Time Requiem). Il pezzo è più pacato
dei precedenti, Henrik sembra trovarsi a suo agio in queste atmosfere.
Pare di ascoltare un brano degli Halloween al rallentatore.
Accompagnato da ottime chitarre è la volta del Power Metal
della regale “A Great Day To Die”, mentre in “The
Demolition Army” sembra di scorgere gli Stratovarious. Rispetto
le altre canzoni questa sembra essere la meno interessante, non perché
sia scadente, ma solo per il fatto che gli Evil Masquerade sin qui
ci hanno trattati sin troppo bene!
“Snow White” è un breve momento recitato su una
base tastieristica che richiama l’antica spinetta e fa da preludio
alla bella “Witches Chant”. Tratto da un episodio di William
Shakespeare è farcito di effetti vocali e sostenuto da una
lenta e martellante ritmica che non esita ad entrare in corpo. Ritorna
la semplicità con “Other Ways To Babylon”, forse
il brano meno significativo, ma è solo un breve istante, “The
Dark Play” riporta tutto nei giusti binari. Il ritmo è
sostenuto e verso il finale si gode anche di armonie di basso quasi
di natura jazz. “Outro” chiude il disco con i suoi brevi
34 secondi.
La sensazione alla fine dell’ascolto è di sazietà,
i nostri sensi sembrano appagati, ma così non è, si
ha ancora voglia di andare a riascoltare certi passaggi. I danesi
hanno fatto un lavoro davvero intrigante, possederlo non sarebbe un
peccato.
Il sipario si chiude, grazie dell’attenzione e… alla prossima
opera Teatrical Metal! MS
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