In
passato mi è capito varie volte di leggere libri o articoli
che accusavano il rock di qualche nefandezza o colpa grave, mentre
non mi era mai capitato il contrario, ovvero di incontrare un libro
dove il rock venisse presentato come vittima. Nel recente libro indagine
di Mimmo Franzinelli “Rock & Servizi Segreti” si dimostra,
con una ricca serie di documenti alla mano, come il rock sia stato
spiato e vessato dai servizi segreti, in particolare quelli americani.
Quante “cattive intenzioni” si celano dietro le belle
immagini delle colorate copertine dei dischi e quanti messaggi maligni
e subliminali sono sicuramente nascosti fra i microsolchi dei nostalgici
e cari vecchi 33 giri? Sappiamo tutti che il rock è ribellione
e trasgressione e quindi è sempre stato considerato un agitatore
sociale, un sovvertiotore, un cattivo maestro, un incubatore di disordini,
un deviatore di giovani coscienze, un divulgatore del comunismo, un
pervertitore sessuale, un propagatore di droghe, uno strumento satanico,
insomma un vero e proprio pericolo pubblico da cui tenere ben lontani
i propri pargoli. Per questo non sorprende più di tanto sapere
che è stato monitorato sistematicamente dai servizi segreti,
ma realizzare che questi hanno messo in atto tutta una serie di azioni
di contrasto, spesso anche fuori dai limiti di legge, per limitarne
ed ostacolarne la diffusione, non è poi così scontato.
Rock & Servizi Segreti è un’indagine appassionante,
che getta una luce nuova sulla carriera di molti artisti e grazie
ad un’approfondita e documentata ricerca svela i retroscena
dei sistemi adottati da FBI e CIA fin nei minimi dettagli, ripercorrendo
le opere artistiche e le persecuzioni subite da alcuni dei più
grandi nomi del folk e del rock americano come Pete Seeger, Joan Baez,
Phil Ochs, Frank Zappa, Jim Morrison, Jimi Hendrix, John Lennon, ma
anche Grateful Dead, MC5, Jefferson Airplane, Fugs e moltissimi altri,
fino ad arrivare al nostro rimpianto Fabrizio De André.
Questo libro ha il pregio di portare il lettore a rivivere l’epoca
d’oro della contestazione giovanile degli anni ’60 e dimostra
di come fosse impegnativo e difficile combattere per quelli che oggi
sembrano diritti acquisiti, dimostra come niente fosse scontato o
banale e difende le ragioni, non senza rimpianti, di un’intera
generazione, che ha segnato in modo così indelebile gli ultimi
trent’anni del secolo scorso.
Sono pagine di passione e di sofferenza, di ideali e di impegno politico
(spesso tradito dalle generazioni successive), ma spesso anche di
cruda disillusione e di qualche nostalgia. La visione di Franzinelli
è marcatamente di sinistra, anche se l’autore cerca di
mantenersi sempre sul piano del ricercatore privo di orientamenti
e pregiudizi, in realtà offre delle chiavi di lettura che sono
tutt’altro che asettiche, ad esempio mentre la morte per suicidio
di Ochs viene presentata come il tragico epilogo di un martirio (architettato
dai servizi segreti), la morte per overdose di Elvis (probabilmente
facilitata sempre dagli stessi servizi di intelligence), che viene
accusato di collaborazionismo con l’establishment americano,
viene presentata come l’ineluttabile e miserevole fine di chi
ha scelto la parte “sbagliata”. Pietà verso l’uno,
giudizio e condanna verso il secondo.
Ma soprattutto manca una cosa che temo possa sfuggire ad un gran numero
di lettori: perché in oltre cinquant’anni di musica rock
non sono mai arrivati a noi artisti russi o cinesi o vietnamiti (da
Cuba qualcosa è arrivato, musicalmente parlando, ma tutto molto
edulcorato)? È possibile che i giovani di queste nazioni non
abbiano mai sentito il bisogno di esprimersi attraverso la musica,
in particolare quella rock che ha contagiato tutto il resto del pianeta?
È possibile che in questi paesi non siano mai stati registrati
dei dischi meritevoli di essere ascoltati? O forse la mannaia del
repressivo sistema occidentale, che secondo Franzinelli è stata
così dura e pensante coi propri figli ribelli, che nonostante
tutto ancora oggi sono ancora ben presenti su tutti gli scaffali dei
negozi di dischi (almeno i pochi rimasti), in fondo non è stata
così repressiva come quella che deve essere stata presente
in questi altri paesi da cui incredibilmente non è mai uscito
nemmeno un piccolo 45 giri?
Certo leggere certe cose giustamente inorridisce, è un po’
come il Bloody Sunday, quando i militari della Regina spararono su
una folla disarmata uccidendo civili inermi. È sempre brutto
realizzare come il sistema occidentale, tanto bello in facciata, in
realtà nasconda atrocità orribili, sistemi antidemocratici
e via discorrendo, ma almeno qui possono esprimersi i dissensi, altrove
non nemmeno i dissensi sono possibli.
Dobbiamo essere grati al libro di Franzinelli, mi ha fatto sentire
molto vicino a tutti gli artisti che hanno subito delle repressioni
per le loro idee e nella mia discografia hanno un posto speciale molti
dischi di protesta, ma mi piacerebbe tantissimo poter avere al tempo
stesso dischi e testimonianze artistiche di musicisti, che sono convinto
debbano esistere, ma di cui quasi certamente non sapremo mai nulla,
né tanto meno dei quali potremo mai documentare le persecuzioni.
GB
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