Se esiste in musica un ambiente conservatore credo di poter dire che
si trova sicuramente nel jazz più classico, è successo
storicamente un po’ con tutti i generi musicali, ma nel jazz
questo è diventato molto tangibile, spesso nel jazz la sperimentazione
è andata più verso l’improvvisazione, spesso esasperata,
si pensi al Free Jazz a John Zorn, raramente verso la contaminazione,
tanto che il jazz “contaminato” come la fusion, il gipsy
o il jazzy sono guardati con severità e spesso malcelata sopportazione
dai puristi, eppure la longevità di un genere musicale sta
proprio nella capacità di assimilare nuove sonorità
e nuovi linguaggi espressivi, in altre parole di contaminarsi. Chissà
cosa diranno i puristi snob di fronte a questo nuovo progetto davvero
bizzarro, un trio dedito al Doom Jazz!
Quando ho letto le note di presentazione di questo trio ho subito
provato un fremito, in parte perché sono sempre stato un appassionato
di Doom e in parte perché ho sempre desiderato trovare musicisti
jazz vogliosi di confrontarsi con generi musicali insoliti e totalmente
fuori dagli schemi. Il trio viene dalla Scozia ed è composto
da Rebecca Sneddon al sax, Colin Steward al basso e Paul Archibald
alla batteria, quindi niente chitarra e già qui si potrebbero
dire tante cose, ma l’aspetto più interessante è
proprio il tentativo di fare del Doom con una strumentazione così
poco convenzionale. La batteria offre i tempi cadenzati e cavernosi
tipici del genere, il basso, oltre al groove, si occupa delle parti
ritmiche che potremmo immaginare affidate ad un secondo chitarrista
(ritmico), mentre il sax si occupa di quelle melodiche e si lancia
in scorribande soliste di grande efficacia, possiamo pensare all’esperienza
di formazioni dark prog come i Black Widow o i Magma, per trovare
qualcosa che si possa accostare, però i Free Nelson Mandoomjazz
citano fra le influenze gli Electric Wizard (gruppo da veri appassionati
del doom), ovviamente i Black Sabbath (che possono essere considerati
i padri del genere), i Sunn O))) (che confesso di non conoscere, ma
fanno metal molto sperimentale) e l’indimenticabile Charlie
Parker.
Il presente cd, che esce anche in versione vinile 180 gr è
composto da due titoli che probabilmente sono usciti in precedenza,
ma non ho trovato corrispondenze, per un totale di sette brani, tutti
mediamente lunghi. La componente jazz è solida, per quanto
la batteria sia cadenzata e volutamente “lenta”, ci sono
passaggi tipici del jazz. Il basso, dovendo occuparsi sia di parti
melodiche che ritmiche, si lancia spesso in scorribande ricche di
virtuosismo, il suo compito è uno dei più complessi
del progetto e sostiene il sound in modo davvero impressionante, possiamo
dire che è quello che maggiormente dà il tocco doom
al tutto. Il sax è spettacolare, fa tutte le parti soliste,
lanciandosi spesso in momenti di puro free jazz, sempre giusto, sempre
pertinente, sempre sopra le righe, insieme agli altri due crea un
mix da brividi infiniti. La pesantezza del doom viene coniugata con
l’estrosità fantasiosa del jazz in modo superlativo e
il disco è pieno di invenzioni e di momenti di grande tensione
emotiva, pur essendo totalmente strumentale non ci sono momenti di
calo, ma è una continuo crescendo. Si chiude con la cover di
“Black Sabbath” e vi assicuro che è una versione
che non vi lascerà indifferenti.
Benvenuti Free Nelson Mandoomjazz, un gruppo che osa sfidare leggi
e convenzioni e che propone una nuova visione del jazz e del doom,
certo non è una proposta per grandi masse, ma chi vuole provare
delle emozioni davvero forti non se li deve lasciar scappare. GB
|