Era il '91 quando il giovanissimo Eric Gales si presentò al
mondo con il suo disco di debutto e in quegli anni erano davvero in
pochi a farsi strada con il blues elettrico, a godere di una certa
notorietà c'era il sorprendente Jeff Healey e poco più.
Eppure l'esordio di Eric è uno dei dischi di blues che ascolto
sempre con piacere, il suo blues ruvido e granitico fatto di schitarrate
impetuose e di sudore, di potenza e di feeling è quanto di
meglio si possa desiderare da questo genere "vecchio", ma
sempre coinvolgente.
Da allora però non ho più seguito le evoluzioni di questo
grande chitarrista e me lo ritrovo oggi, dopo dodici anni, a suonare
lo stesso genere di allora con la stessa forza, la stessa energia,
lo stesso vigore, lo stesso entusiasmo.
La formazione è, manco a dirlo, un classicissimo power trio
chitarra, basso e batteria anche se i compagni sono cambiati. I dodici
brani, cantati, che compongono il presente disco hanno un ottimo tiro,
hanno personalità pur non essendo innovativi, del resto il
titolo dell'album è chiaro Eric parla di sè e non essendo
un ragazzino presenta cose vecchie e nuove che si rincorrono fra loro.
Tanti storcono il naso quando sentono parlare di blues eppure è
un genere musicale che permea tutta la musica hard rock ed heavy metal
degli anni settanta e ottanta e in questo disco se ne può apprezzare
tutta la vitalità, anzi voglio aggiungere che la musica non
costruita su delle ritmiche blues risulta nella maggioranza dei casi
fredda e noiosa. Fra le tracce è presente una sofferta versione
di "Foxey Lady", sentito tributo a chi ha cambiato per sempre
il modo di suonare la sei corde ed Eric è diligente nel cercare
più il feeling del brano che la copia sterile, tanto è
vero che la carriera di Eric è stata sostenuta dalla famiglia
di Hendrix.
Il blues è "anima", non chiedetemi di segnalarvi
questo o quel brano, lasciatevi trasportare solo dalle vibrazioni.
GB
Altre recensioni: Crystal Vision; Middle
of the Road
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