In un certo senso mi sorprende sempre incontrare un gruppo come questo,
I GodWatt Redemption sono un trio di Frosinone che si è formato
abbastanza di recente e questo è il loro primo album autoprodotto,
la sorpresa sta nel fatto che questo power trio propone un heavy doom
di grande caratura, un genere di nicchia dove gli italiani si sono
sempre distinti. Ovviamente la band ha dei modelli molto precisi come
i Black Sabbath, i Cathedral, i Count Raven, i Monster Magnet, gli
Orange Goblin, i Kyuss e via discorrendo. Suoni saturi e ritmi rallentati,
drumming tribale e partiture oscure e sulfuree, gli ingredienti classici
ci sono tutti, niente di nuovo direte voi, ma questi ragazzi suonano
con una convinzione non comune e i loro brani funzionano a meraviglia.
Il disco è composto da nove pezzi tutti piuttosto lunghi e
corposi, non ci sono particolari sorprese, i GWR si esibiscono in
un doom stilisticamente ineccepibile, ma di certo non innovativo,
eppure hanno una coerenza e un incedere che non perde un colpo. Fin
dall’iniziale track che da il titolo al disco si intuisce lo
spessore del gruppo, riffing serrato con alle spalle una sezione ritmica
pulsante e molto riempitiva. “Black Hole” è forse
il brano che mi è piaciuto meno, ho trovato poco penetrante
il ritornello, ma musicalmente non è male, molto meglio la
seguente “Pachiderma”, che come indica il titolo è
pesante al punto giusto. Non serve una descrizione troppo dettagliata,
il doom è un genere che ha un suo pubblico e questi ragazzi
lo sanno suonare con la grinta giusta e il loro disco è già
un piccolo gioiello del genere.
Non è facile centrare l’obbiettivo con un primo disco
autoprodotto, per questo il mio stupore iniziale, ma sono anche molto
contento di trovare ancora gruppi così. GB
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