Musicista danese con passato metal, ha avviato la carriera solista
con questo disco edito dalla Exile On Mainstream, una label specializzata
in gruppi underground di grande spessore. Harting ha dato vita ad
un sound poliedrico, trip hop con velleità spirituali, le note
della bio citano generi improbabili come la musica sufi (derivata
da una corrente mistica dell’Islam) e il mali blues, ma più
onestamente si tratta di musica cantautorale con una profonda ricerca
sonora, che non disdegna contaminazioni con l’elettronica e
con l’avantgarde. Il risultato è intimista e delicato,
delle ballate tristi, dense di malinconia.
L’avvio è affidato a “Soul Collector”, dove
un blues ruvido e noisy è appena accennato, ma presto prende
il sopravvento un cantato delicato, accompagnato in sottofondo da
una chitarra acustica arpeggiata, il mix è sicuramente originale.
In bilico tra belle melodie vocali e loop elettronici claustrofobici
si sviluppa “Feathered Ghosts”. Più intrigante
“Queen of the Highway”, dove un blues desertico si sposa
con l’approccio sognante di Kristian, il risultato è
ultraterreno, con una spiritualità che ricorda Cohen e certe
cose di Cooder. Simpatica la breve “Sole Dancer”, con
la sua aria scanzonata, ma io preferisco la malinconia di “Kamikaze”,
un brano disperato di buona profondità. La breve “Walk
With Thor” ci riporta al lato più intimista del nostro,
che pervade comunque tutto il lavoro. A questo punto il disco diventa
piuttosto monotono, non ci sono cali, ma le atmosfere tendono a ripetersi.
“Float” è un bel pezzo, ma posto a questo punto
del cd potrebbe passare inosservato, a meno che non vi sia piaciuto
tutto il disco.
Harting è un autore raffinato, che ha proposto tante belle
idee, ma serve anche un po’ di grinta, del brivido, altrimenti
rischia di sembrare più un esercizio di stile che potrebbe
non essere compreso. GB
Sito Web
|