Il nome del cantante tedesco Oliver Hartman cominciò a circolare
insieme agli At Vance coi quali debuttò nel 1999, per poi essere
chiamato come ospite in progetti di Avantasia, Empty Tremor, Edguy,
Freedom Call, Aina, Iron Mask, Rhapsody ed altri ancora. A partire
dal 2005 Oliver si è cimentato nelle vesti soliste con ottimi
risultati ed oggi taglia il traguardo del quarto studio album (oltre
al live acustico "Handmade: Live In Concert" del 2008) con
rimarchevoli risultati grazie ad una produzione - courtesy of Mr Sascha
Paeth - eccellente, dei musicisti adattissimi ad interpretare le partiture
assegnate, un songwriting e un'interpretazione che riscattano il mezzo
passo falso di "3" del 2009.
Il cd parte col riff agile e svelto della contagiosa "All My
Life" e la sua brillantezza fa perdonare la meno efficace "Like
A River, più contenuta e venata da sonorità derivate
dal modern rock, dove la voce di Oliver innalza il livello qualitativo
altrimenti qui più modesto. Sulla sua falsariga stilistica
si muove la scalpitante "You Are The One" che, però,
è dotata di maggiore incisività ed energia, mentre in
"Fool For You" l'hard rock melodico torna a spadroneggiare
e lo fa sfoggiando un refrain catchy alla Night Ranger, ma è
la canzone nel suo insieme a piacere con quel suo piglio alla Whitesnake.
"After The Love Is Gone" è un mid tempo sorretto
da tappeti di tastiere e dotato di un emozionante crescendo che sfocia
nel meritato ritornello dal grande potenziale commerciale, muovendosi
a proprio agio nel tradizionale campo AOR/Hard Rock di classe, mentre
la più vivace "Save Me" si appropria di sonorità
più modern rock e, nonostante la prova dei musicisti e di Oliver,
non è riuscita a prendermi a dispetto di un urgente refrain.
Analogo discorso vale per la più umorale "Fall From Grace",
sulla quale pare sentire cantare David Coverdale (o Jorn, fate voi),
e l'atmosfera continua ad attenuarsi col malinconico lento "From
A Star" che trasmette un senso di maturità e di controllo
sulle melodie come pochi sanno fare.
Non so se è stato voluto o meno, ma il riff della strofa di
"Dance On A Wire" non può non richiamare quello di
"Sweet Home Alabama" (Lynyrd Skynyrd) e comunque non ci
troviamo dinanzi ad una cover, ma ad un piacevole mid-tempo che funge
benissimo da 'riempi-cd'. A mio parere Hartmann poteva risparmiarci
la pressochè inutile cover di "Shout" dei Tears For
Fears, per cui saltate subito alla semi-ballad "Time To Face
The Truth", che emana emozioni ad ogni nota ed effluvi alla Whitesnake,
ed alla conclusiva "The Best Is Yet To Come", pacato quanto
intenso commiato da un disco i cui pregi superano di gran lunga i
difetti (chiamiamoli così, se vogliamo).
Mi piace pensare che intelligentemente Hartmann ci stia preparando
ad una graduale evoluzione della sua proposta artistica per affrontare
le sfide di non doversi ripertere e stancare così i fans. Complimenti
per l'azzeccata scelta della scaletta, per i suoni puliti e potenti,
per l'ottima prestazione vocale. ABe
Altre recensioni: Out in the Cold; Home
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