Gli Hemina arrivano da Sydney, Australia, e si compongono di Douglas
Skene (vc, ch, tast), Mitch Coull (ch, vc), Andrew Craig (bt), Jessica
Martin (bs, vc) e Phill Eltakchi (tast, vc), quintetto intento a professare
un intrigante miscela di prog metal che, inevitabilmente, vede Dream
Theater e Ayreon fra i maggiori riferimenti artistici, ma le composizioni
non mancano di svelare inaspettati riferimenti ad Echolyn e persino
Pink Floyd nei loro momenti più sinfonici, il tutto condito
da un'inclinazione cinematografica che conferisce all'insieme una
buona profondità espressiva.
A dispetto del titolo, "Synthetic" si dipana lungo undici
episodi per oltre settantanove minuti di musica cangiante e bastano
le prime due canzoni per capire la varietà e la complessità
degli Hemina: "This Hour Of Ours" è una breve ed
eterea intro tastieristico con delicate parti vocali che preludono
agli unidici minuti di "To Conceive A Plan", la cui prima
metà si rivela essere un'epica cavalcata strumentale costruita
con grande potenza espressiva e sonora, ricca di chitarre heavy e
sezione ritmica a pieno regime con un'attenzione rivolta più
alla costruzione di un'opera d'arte che alla sterile delle singole
abilità strumentali. La seconda metà di "TCAP"
alterna frasi più meditate ad esplosioni sonore secondo la
lezione del prog anni settanta filtrata dall'esperienza dei Dream
Theater meno intransigenti.
Senza soluzione di continuità entra in scena "The Boy
Is Dead", emozionante esempio attenzione alla struttura compositiva
degna dei migliori artigiani del settore, con rapidi mutamenti di
scenari e strumenti che hanno il grande pregio di catturare i sensi
e l'immaginazione. "For All Wrong Reasons" è una
rilassata ballad che parte acustica con un delicato duetto fra Skene
e Jessica, per consegnarci un crescendo strumentale di grande effetto
il cui scopo è traghettarci alle esplosioni di "And Now
To Find A Friend", undici minuti di metal prog raffinato quanto
d'impatto che si stempera in un break strumentale dominato dal pianoforte
e dalle voci, prima che Eltakchi renda detti i tempi per un duello
chitarra/tastiera, e la struttura viene ripetuta un'altra ed ultima
volta. "With What I See" è molto cruda e veloce ed
il finale è tipicamente pinkfloydiano, "Hunting Is For
Women" è più sperimentale nei suoi e nella struttura,
"Even In Heaven" riprende le redini del discorso ed offre
un nuovo duetto fra Skene e Jessica Martin. La breve strumetale "Conduit
To The Sky" fa da ponte al dark prog metal di "Haunting
Me!", ultimo baluardo prima dei tredici minuti della conclusiva
"Divine", monumentale e ben riuscito esempio di prog metal
realizzato col cuore e con la testa, sempre pronto a stupire con improvvisi
cambi di atmosfera o di tempo.
Era da tempo che non mi imbattevo in un lavoro in ambito prog-metal
che mi coinvolgesse come questo concept album. A voi, adesso, l'onere
e l'onore di tributare il giusto apprezzamento alle fatiche di Skene
e soci. ABe
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