Dopo
aver prestato le sue doti a John Parr, Slade, Hard Rain, ai Ten di
Far Beyond the World e al grande Bob Catley di When Empires Burn,
Paul Hodson (voce e tastiere) ha pensato bene di investire su se stesso
ed ha prodotto il suo primo album con questa band che porta il suo
nome.
Al suo fianco troviamo il chitarrista Vince O'Regan (Pulse, Catley),
Josie Vespa al basso e Lynch Radinsky alla batteria. Sentendo cantare
Paul il primo pensiero è che sembra strano abbia iniziato a
interpretare in prima persona la propria musica solo adesso, la sua
voce infatti è un incrocio fra la potenza di Ronnie James Dio
e l'espressività di Graham Bonnet, ne è prova la cover
di "A Light in the Black" estrapolata dal superclassico
Rainbow Rising.
Il buon Hodson non delude le aspettative dei suoi ammiratori e ci
regala un'altra collezione di mega classici di hard rock pomposo e
melodico, nello stile di quanto già prodotto con Ten e Catley.
La tradizione che si rinnova e si perpetua negli otto brani proposti
(cover a parte) nel presente album.
Le danze sono aperte dalla traccia omonima, un classico mid tempo
che mette subito in luce le intenzioni bellicose del nostro, di questa
canzone troviamo anche il video. "Jelunda" è una
tipica song anthemica, tanta classe, ma nessuna novità. "The
Calling" è pomp stellare che non mancherà di infiammare
i cuori più epici. "My Saviour" presenta un riffing
nervoso di buon effetto, mentre "English Rose" è
un'ottimo brano con un certo senso del mistero accompagnato da un
chitarrismo graffiante. Un po' riempitiva "Shamen Eyes",
ma dignitosa. Ancora pomp epico e anthemico in "Soulman".
Chiude l'atmosferica "The Swan" all'insegna della poesia
e del romanticismo, un brano evocativo e abbastanza personale che
ci mostra quanto Paul sia ispirato anche nei brani più lenti.
Gli Hodson sono una nuova realtà nel panorama dell'hard rock
melodico, ma hanno già le carte in regola per conquistare i
cuori di tutti gli appassionati del genere. GB
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