Sul palco del Palasport S.Bernardino di Chiari sabato 3 febbraio sono
saliti gli Hot Tuna in versione “acoustic trio”. Il presentatore
ha annunciato il concerto esclamando a gran voce e senza celare una
certa soddisfazione: “Sul palco del Palasport S. Bernardino
di Chiari stasera passa nuovamente la storia del Rock (ndr. Solo pochi
mesi fa hanno ospitato i Procol Harum e Willy De Ville), signori e
signore dall’America gli Hot Tuna!”.
In effetti il gruppo del chitarrista Jorma Kaukonen e del bassista
Jack Casady è veramente parte della storia. Nati alla fine
degli anni sessanta, dopo aver militato nei Jefferson Airplane, pubblicano
un primo disco live acustico che è considerato ancora oggi
un capolavoro di folk blues. Da allora Kaukonen e Casady sono sempre
rimasti insieme e sul palco di Chiari hanno scherzato sul loro lungo
sodalizio artistico, che ha raggiunto il mezzo secolo di durata e
l’intesa maturata dai due si coglieva, un’intesa che andava
molto al di là della semplice intesa artistica, una vera comunione
di intenti per cui bastava uno sguardo, una smorfia, una piccola battuta
e i due subito capivano cosa fare. Ad accompagnarli sul palco c’era
il mandolinista Barry Mitterhoft, un vero virtuoso che non si è
risparmiato un minuto, dando vita ad un’esibizione tecnicamente
ineccepibile, sia quando faceva le parti soliste, che quando si occupava
di quelle ritmiche.
Il concerto è durato oltre due ore piene, con una breve pausa
solo prima del bis, durante le varie esecuzioni tutti e tre a turno
si alternavano nelle parti ritmiche e soliste, Casady ha merevigliato
tutti coi suoi solos di basso veramente coinvolgenti, tecnica sopraffina
e gusto incredibile uniti in modo esemplare, un vero spettacolo per
occhi e orecchie. Kaukonen è semplicemente uno dei migliori
chitarristi in circolazione, anche se il suo nome non è fra
i più patinati, ma col suo finger picking alternava momenti
delicati ad altri carichi di tensione e di energia, con passaggi estremamente
fluidi e belli, da grande interprete dello strumento quale è.
Tutti i brani erano cantati anche se non sono mancate lunghe jam strumentali,
in repertorio abbiamo ascoltato grandi classici del blues e molti
cavalli di battaglia del gruppo. Blues, folk, roots rock, jazz, rock
e qualche timida traccia di country si sono mescolati in un’apoteosi
di sensazioni. Si respirava aria profondamente americana, non dell’America
spensierata degli anni ’50 e nemmeno di quella consumistica
della California, ma di quella più vera, di quella fatta di
storie quotidiane di periferia o dell’ammirazione di grandi
spazi sconfinati, l’America delle mille opportunità e
delle grandi disillusioni, un’America cantata con disincanto
da tanti artisti “veri”, che ne hanno fatto una delle
più importanti fucine musicali del secolo scorso.
Questa era la vera testimonianza artistica lasciata dagli Hot Tuna
sul palco di Chiari. GB |