Gli Hypnotheticall non sono gli ultimi arrivati nel nostrano panorama 
            Prog Metal, provengono da una lunga gavetta fatta di tre demo e di 
            un album in studio dal titolo “Dead World” datato 2009. 
            Le radici sono piantate al 1999 a Vicenza, mentre la musica si barcamena 
            fra Cynic, King Crimson, Rush, Tool e virtuosismo. 
            Il sestetto formato da Marco Ciscato (voce), Mirko Marchesini (chitarra), 
            Giuseppe Zaupa (chitarra), Davide Pretto (tastiere), Luca Capalbo 
            (basso) e Francesco Tresca (batteria) in realtà propone qualcosa 
            in più di queste influenze che tuttavia consiglio a voi scoprire 
            durante l’ascolto per non togliervi tutta la sorpresa. 
            “A Farewell To Gravity” è a mio avviso un passo 
            in avanti rispetto al debutto del 2009, gli undici brani proposti 
            denotano la voglia di fuoriuscire dai soliti canoni metallici e a 
            loro volta Progressivi. C’è una ricerca nella personalità, 
            anche se tutto questo può portare anche a fare passi falsi. 
            Chi osa sa a cosa può andare incontro e giustamente se ne disinteressa. 
            In questo caso i passi falsi sono davvero pochi, l’album si 
            lascia godere nell’interezza. 
             
            “From The Universe Beyond” apre e piace sicuramente anche 
            agli amanti di Pain Of Salvation e Porcupine Tree, questo già 
            la dice lunga sulla proposta sonora. La tecnica non è eccessivamente 
            asfissiante, come spesso accade nel panorama Metal Prog, tutto resta 
            nei canoni della norma. 
            “Home” è un brano francamente meno interessante 
            del precedente, pur avendo nella parte centrale il suo momento migliore, 
            dettato anche da una “malsana” Psichedelìa. 
             
            Cambiano stile a dimostrazione della poliedricità con “Drifting 
            Dreamers”, si avvicinano di più alla formula canzone. 
            Moderno approccio metallico in “Let Life Be An Origami”, 
            insieme di sensazioni fra il pacato ed il vigoroso, sostenuto da una 
            melodia centrale efficace e semplice. La sezione ritmica si mostra 
            all’altezza della situazione, rendendo il brano maggiormente 
            gradevole. Interventi elettronici infarciscono di tanto in tanto i 
            brani, come in “Nevro(tic)”, tanto per rimarcare nuovamente 
            la poliedricità della band, sempre alla costante ricerca del 
            non scontato. Tutto questo rende l’ascolto fluido e l’interesse 
            sempre alto. 
            Non mancano i frangenti meno incisivi, “First Draft Of A Life” 
            ad esempio pur essendo bello, si scioglie nel brodo Metal Prog facendo 
            solo parte di esso, senza salarlo e neppure insipidirlo. La title 
            track invece è interessante, riporta il discorso nel binario 
            della ricerca della personalità. Il lavoro si chiude ottimamente 
            con “Crisis” e “Hiranyaloka”, la prima vigorosa 
            e la seconda con influenze Folk e coralità a cappella con voci 
            femminili e maschili. 
             
            Questo è dunque un disco da ascoltare con la mente aperta, 
            come quella degli esecutori che si sforzano a rendere la musica un 
            arte e questa molto spesso passa anche per il Metal, alla faccia dei 
            puritani del suono benpensanti. MS 
             
            Altre recensioni: Dead World 
             
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