Iron Mask è il progetto del virtuoso chitarrista belga Dushan
Pertossi, un artista che si diletta a scrivere composizioni di stampo
neoclassico. Questo è il terzo album e giunge nei negozi a
quattro anni di distanza dall’ultimo “Hordes Of The Brave”.
Non mi nascondo dietro ad un dito se dico che questo genere è
quantomeno inflazionato, comunque ha i suoi proseliti e sempre entusiasti
ascoltatori di scale sinfoniche , per questo anche gli Iron Mask,
anche se non dicono assolutamente nulla di nuovo, vanno ascoltati
con attenzione. In questo viaggio Pertossi si avvale della collaborazione
di Valhalla Jr alla voce, Andreas Lindahl alle tastiere, Vassili Moltchanov
al basso e da Erik Stout alla batteria. Come potete immaginare la
doppia cassa si incontra spesso e volentieri nelle undici composizioni
che completano “Shadow Of The Red Baron”, così
le scale tecniche e melodie forti.
Si parte subito in quarta con la title track “Shadow Of The
Red Baron”, sembra quasi che gli Iron Maiden abbiano cominciato
a studiare il genere neo classico. Potente e graffiante la prestazione
vocale di Valhalla Jr, mentre le tastiere timidamente si fanno spazio
fra il frastuono delle ritmiche roboanti e veloci. Vincente sicuramente
il ritornello, perfetto da cantare nelle sedi live. Con “Dreams”
le cose non cambiano poi tanto, io ho sempre la stessa sensazione
di cui sopra, anche se le linee vocali in questo caso sono più
curate ed epiche. Sicuramente un buon momento di potente ed orgoglioso
Metal. “Forever In The Dark” si apre con le tastiere di
Lindahl, un altro inno all’epicità, dove le coralità
ancora una volta assumono un ruolo di primaria importanza. Qui tutto
si miscela alla perfezione, il ritmo cala e ne guadagna la melodia.
Iron Mask dimostrano di conoscere bene la vecchia storia del Metal
e anche quella di band come Rainbow e molte altre del periodo. Qui
l’impostazione vocale a tratti ricorda quella del mai troppo
compianto R.J. Dio, il piccolo grande uomo dalla voce Metal per eccellenza.
In “Resurrection” il ritmo diventa caracollante , più
lento e greve, a favore di gloriose ed epiche sonorità. Veloce
l’assolo di chitarra di Pertossi, il quale riesce in questo
caso a dare il meglio di se. Con “Sahara” si da una sterzata
inaspettatamente verso quella metà degli anni ’80, più
al confine con i ’90, dove anche i Saxon del periodo danno uno
sguardo verso le sonorità più morbide. Piacevoli anche
i riff della chitarra in “Black Devil Ship”, un ritorno
verso R.J. Dio, con un ritornello musicale assolutamente godibilissimo,
dall’ anima “scozzese”. Più scontata nei
contenuti è la successiva “We Will Meet Again”,
sempre bella da ascoltare, ma sicuramente un insieme di plagi vari,
anche se mi rendo conto che il genere è questo e spesso questo
è inesorabile. Si torna a volare sulle tastiere degli strumenti
e nel neo classico con “Universe”, è solo grazie
al ritornello frizzante che non mi parte qualche sbadiglio. Per fortuna
ci pensa “My Angel Is Gone” a rialzare la qualità
del lavoro, anche se il ritmo cala. Una bella voce femminile accoglie
l’ascolto e fa da intro a questa semi ballata semplice e d’effetto.
Altro pezzo interessante è il conclusivo “Ghost Of The
Tzar”.
In definitiva questa nuova fatica degli Iron Mask è da ascoltare
con piacere, in quanto non esulano momenti di ottima musica. Peccato
solamente per una produzione sonora che sicuramente poteva agevolare
meglio l’impatto sonoro, come questo genere musicale generalmente
si prefigge. Esiste del disco anche l’edizione limitata con
un DVD allegato, ricco di interviste, lezioni di chitarra ed altro
ancora MS
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