Il nome di questa band nasce dalla “maledizione” dei 27
anni legato in particolare alla lettera “J” presente nel
nome di quasi tutti i musicisti (i nomi sono noti), ma ci sono anche
attori (scomodi), che sono morti al compimento del ventisettesimo
anno. Sicuramente troppi e quanto inchiostro è stato versato
per celebrare questa nefasta coincidenza… sempre che di coincidenza
si possa parlare, e qui abbiamo trovato schiere di complottisti che
hanno tracciato nere catene di indizi e coincidenze troppo spesso
piene di sospetti più o meno fondati, che è difficile
non credere ci sia qualcosa di reale dietro questa tragica catena
di lutti. Difficile essere artisti, da sempre, e nelle altre epoche
non è stato diverso, meglio non farsi illusioni, del resto
Dante scrisse a tal proposito “quanto sa di sale lo pane altrui”.
Il gruppo toscano dei J27 da alle stampe questo secondo disco di rock
cantato in italiano facendo un salto di qualità rispetto al
primo album, avendo curato maggiormente la produzione che è
stata affidata a Pietro Foresti. I brani proposti sono dieci con una
cover dell’indimenticabile “Shout”, un brano che
tutti quelli della mia generazione hanno amato e che merita due parole,
all’epoca i rocker erano tutti piuttosto a disagio, perché
dall’Inghilterra arrivavano tutti gruppi con canzoncine molto
plastificate, tutti alla ricerca di hit per scalare classifiche di
canzoni spesso inutili (non tutte però) e di rock che meritasse
questo nome se ne sentiva veramente poco in radio… fino all’arrivo
di “Shout” dei Tears For Fear, che con questo pezzo hanno
messo d’accordo un po’ tutti e i J27 giustamente hanno
rispolverato questo bel brano riarrangiandolo in modo molto (forse
un tantino troppo) aggressivo e selvaggio. Il resto del disco è
molto compatto, canzoni a base di puro hard rock sanguigno, molto
orientato alle chitarre che sono sempre muscolose e presenti. Buona
la prova del cantante Marco, che riesce bene a coniugare l’italiano
col rock, ha una voce coinvolgente e decisiva per l’economia
del disco, poi c’è la sezione ritmica precisa e pompante
al punto giusto, la formula se volete è semplice e prevedibile,
ma c’è qualcosa che cattura nella musica dei J27, è
una voglia di farsi sentire che non tutti riescono ad esprimere con
la stessa loro convinzione. Poi i testi sono tutti incentrati sulla
fatica di vivere, nulla di sconvolgente, ma si integrano bene con
la musica alla faccia di chi ancora pensa che non si possa fare rock
cantato in italiano.
Una cosa negativa però la voglio proprio sottolineare, la copertina
del disco, mi spiace dirlo ed è una valutazione strettamente
personale, ma è inguardabile, credo l’originalità
sia da ricercare in altro modo, certo si distingue, ma in senso negativo
e spero con questa critica di non offendere nessuno, ma credo sia
giusto dirlo. Comunque per quanto riguarda la musica bene così.
GB
Live Report: Pistoia 2013
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