| Questo disco mi ha davvero sorpreso, non mi aspettavo di ricevere 
            da recensire uno strumentale di blues.
 
 Siamo lontani anni luce dalle sfuriate metalliche di chitarristi come 
            Leslie West, Alvin Lee o Rory Gallagher, che hanno fatto dei capolavori 
            di hard blues. Qui ci troviamo su una dimensione molto più 
            contemplativa e intimista, i nomi di riferimento sono quelli di Clapton, 
            John Hammond e Robben Ford. Blues da gustare, come un liquore invecchiato. 
            Con questo non voglio dire che Johnny A. non sia un chitarrista capace 
            di momenti "forti", ascoltate "Oh yeah"! Ma il 
            feeling viene prima di tutto, d'altra parte il blues senza feeling 
            è inascoltabile.
 
 Undici composizioni che scorrono piacevoli, all'insegna di un chitarrismo 
            pulito ed emozionale. Jonny A. possiede un tocco incredibile e il 
            suo nome può accostarsi ai grandi interpreti di questo genere 
            senza temere il confronto. Nella sua carriera ha suonato come opener 
            per Aerosmith, Cheap Trick, Bob Seger. In seguito si è legato 
            artisticamente a Peter Wolf, frontman dei J. Geils Band con cui ha 
            inciso due dischi. Nel 2000 incide il presente CD auto prodotto, che 
            viene accolto calorosamente da critica e pubblico, finché non 
            lo sente Steve Vai che lo vuole ristampare su larga scala dalla sua 
            etichetta, la Favored Nations.
 
 Johnny è accompagnato da Ed Spargo al basso e da Craig MacIntyre 
            alla batteria, un trio, la formazione ideale per del buon blues, molto 
            affiatato, musicisti sopra le righe. Il blues si mescola e gioca col 
            jazz, il pop, il rock e il soul, sempre inseguendo le corde emotive 
            più sensibili. GB
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