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            so se capita mai anche a voi, ma io provo sempre una certa irritazione 
            quando inizio ad ascoltare una band dal secondo o dal terzo album, 
            mi sembra che mi manchi qualcosa, ho come una sensazione di incompletezza, 
            in particolare mi accade quando quello che sto ascoltando mi piace. 
            I Jolly sono una band di New York giunta al secondo album, sono un 
            classico quartetto con tastiere e si muovono all’interno di 
            un prog post moderno molto metallico, accostabile a Tool e Pain of 
            Salvation.
 The Audio Guide of Happiness si presenta con un artwork molto essenziale 
            ed inquietante, quasi più segnale di allarme che non rassicurante 
            compendio di felicità. Dopo un intro di presentazione parte 
            la prima track “Ends Where It Starts”, un brano nervoso, 
            oscuro, tormentato, sembra quasi cyber apocalittico. Sulla stessa 
            lunghezza d’onda è la seguente “Joy”, il 
            titolo sembra quasi uno sberleffo, ma le linee melodiche non sono 
            proprio così nere come nel brano precedente, rimane il tessuto 
            metallico. “Pretty Darlin” invece ha delle atmosfere ancora 
            più dark, un brano gotico, che è riuscito a coniugare 
            oscurità e linee melodiche accattivanti. “The Pattern” 
            continua sulla strada di un prog metal malato e selvaggio, francamente 
            un brano prolisso che mi ha lasciato poco. Meglio la romantica “Storytime”, 
            che chiude idealmente la prima parte del cd.
 
 Un intermezzo apre la seconda parte, che inizia con “Still a 
            Dream”, un brano meno metal, ma molto più psichedelico 
            dei precedenti. Molto intensa anche la seguente “Radiae”, 
            sempre in tensione fra modernismi e fughe metalliche, un brano che 
            entra dopo ripetuti ascolti, ma che alla lunga convince. Questa seconda 
            parte del cd si dimostra più cerebrale, mentre la prima era 
            più viscerale, questo viene confermato anche dalla decima traccia, 
            la nervosa “Where Everything’s Perfect”. Stralunata 
            e spiritata è “Doroty’s Lament, una ballad malata 
            e fortemente malinconica ed inquietante. Il disco si chiude con un 
            outro che invita ad inserire il disk two, ma ci tocca aspettare la 
            sua realizzazione, per sapere come finisce questa storia.
 
 Per usare un linguaggio cinematografico, questo disco dei Jolly ha 
            connotati molto “noir”, un prog metal post moderno oscuro 
            quindi, molto teatrale e cinematografico, non è un capolavoro, 
            ma sicuramente ci mostra una band con una fervida immaginazione e 
            delle ottime capacità tecniche, il capolavoro per questi musicisti 
            newyorkesi potrebbe quindi essere proprio dietro il fatidico angolo 
            e noi siamo già pronti ad accoglierlo. GB
 
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