Terzo album per la band capitanata dal cantante/chitarrista/compositore
tedesco Julian Angel, qui accompagnato da Frank McDouglas (bs) e Ramy
Ali (bt - Freedom Call), nel quale il biondo artista compie un viaggio
nel tempo e ci riporta al 1989 (come dichiarato dalla casa discografica)
ad un certo modo di vivere ed interpretare l'hair metal, con anche
i suoni che si rifanno a quel periodo. Bisogna ammettere che l'obiettivo
è stato centrato dallo scatenato trio ed alcuni brani divertono
e coinvolgono coi loro riffoni e la loro energia, ma per chi come
il sottoscritto ha pienamente vissuto quel periodo queste dieci canzoni
risulteranno nella maggior parte dei casi scontate, anonime e poco
interessanti.
Fra i migliori momenti bisogna menzionare le prime tre canzoni del
cd: "Bad Boys Never Dance" è diretta, vintage quanto
basta, un Julian scatenato ed un buon refrain, anche se esso deve
qualcosa ad altri ragazzacci con l'abitudine di correre selvaggi (ogni
riferimento a "Bad Boys" dei Whitesnake è voluto);
"Big Stuff" possiede quell'aurea funky tipica dei The Electric
Boys e ci consegna un bel ritmo da assecondare, un accattivante ritornello
ultra-orecchiabile e tanta energia positiva; "Can't Stand The
Fiction" ha assimilato appieno i dettami scritti nel songbook
dei primi Firehouse e abbina con successo melodia e potenza, un brano
da ascoltare a volume alto in auto, in spiaggia, sui prati.
"Shock 'em Dead" si rifà appieno ai Ratt e agli Aerosmith,
hard rock urbano e dinamico che precede la power ballad "The
Night Cries For You" copiata da decine di simili (e migliori)
esempi sfornati da Poison, Warrant, White Lion, etc, ma il peggio
arriva subito dopo con "Unsexy" che viviseziona "Unskinny
Bop" dei Poison e "Rag Doll" degli Aerosmith per poi
incollarli usando gli Extreme di "Pornograpphitti" come
collante. Speravo quindi che la successiva canzone, che per di più
dà il titolo al cd, fosse in grado di risollevare le quotazioni
qualitativa, ma si rivela alla fine un mediocre scimmiottamento di
Ratt, Ted Nugent, Aerosmith e Def Leppard. Leggermente più
godibile "Shake Me Back Home" che attinge a piene mani da
Poison e Tyketto e suona scontata sin dalle primissime battute, mentre
il cromato riff di "High On Love", dai tratti accostabili
a White Lion e Damn Yankees, sale di un gradino la scala qualitativa
e appena più sotto si piazza la conclusiva "Six In The
Red" con quelle melodie imparate da Ratt, Kix e Winger.
Chi non ha mai ascoltato alcunchè delle bands sopra citate
può acquistare questo cd ed avrà una summa della scena
hair metal americana pre-grunge, senza che sia stata aggiunta alcuna
influenza moderna a brani che rispecchiano le composizioni di fine
anni ottanta. Alcuni brani buoni vi sono, altri non raggiungono che
la stiracchiata sufficienza, ma più per la bravura strumentale
e vocale del terzetto teutonico che per meriti compositivi. Tutti
gli altri rispolverino i loro vecchi albums per riscoprire o rivivere
i suoni originali dell'epoca. Ultima menzione alla copertina... io
la trovo ridicola e voi? ABe
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