Il Black Metal è un genere che si è dimostrato molto più longevo di quanto qualsiasi previsione avesse potuto immaginare, non a caso in questi anni il fenomeno si è evoluto e ha dato vita a tutta una serie di sottogeneri molti dei quali particolarmente interessanti, come certo folk metal o viking metal. Ma veniamo a questo combo nato nel ’94 e che ha costruito con determinazione il proprio status, come curiosità è da notare che il gruppo ha cercato di musicare le opere fantasy della celebre Ursula Le Guin (una volta tanto non è il pluri saccheggiato Tolkien). Ne esce una formazione compatta, dotata di grande tecnica e coesione e non sorprende quindi se questo album sia un concentrato di black metal classico e al tempo stesso ricco e intenso.

I nove brani che formano la track list sono uno susseguirsi di scorribande incalzanti, cariche di rabbia distruttiva, di momenti epici di grande impatto e di buoni passaggi strumentali e devo sottolineare che quando il gruppo rallenta si possono ascoltare dei momenti veramente notevoli, come nel break di “The Rising Sign”. Quello che comunque emerge dalla musica dei KOK è l’attenzione per la melodia, avete capito bene, il black metal è sempre presente, ma è sempre funzionale ad un disegno melodico che il gruppo persegue con determinazione. Questa attitudine ha portato molte critiche alla band da parte degli oltranzisti black, ma per quanto mi riguarda trovo che sia un punto di distinzione di pregio, che può avvicinare al black anche persone come me che non masticano molto questa musica.

Kolossus è un disco estremo, ma che può fare da ponte fra chi non ha una cultura estrema e chi incomincia ad accorgersi che non c’è solo il metallo sparato a velocità ipersonica. GB