Intrigante ed accattivante la scelta stilistica di questa nuova band
italiana di Metal Progressive dal nome Kezia, l’unire il Pop,
o per meglio dire la formula Pop al Metal ed al Prog è quantomeno
coraggiosa. In effetti le cose sembrano essere incongruenti, ma il
risultato finale invece mi da torto, mostrando una fluidità
ed una freschezza a volte disarmanti. Certo non tutto può scorrere
senza qualche intoppo, ma ricordiamo che con “The Dirty Affair”
siamo comunque avanti ad un esordio e l’idea già sembra
funzionare. Ma chi sono i Kezia? Si formano nel 2013 dall’incontro
del cantante Pierlorenzo Molinari, con il chitarrista Antonio Manenti
ed il tastierista Alberto Armanini. La sezione ritmica formata da
Fabio Bellini al basso e da Michele Longhena alla batteria in seguito
completa la line up.
I contenuti musicali sono otto, ad iniziare da “Before I Leave”,
quello che risalta immediatamente è la voce di Molinari, malleabile
per l’evenienza. Toni alti e più pacati a seconda delle
necessità, il tutto svolto con elegante indifferenza.
Le linee melodiche sono di facile memorizzazione e di sicuro rendono
l’ascolto piacevole. L’approccio musicale per fare un
esempio ( se ne possono fare anche altri) è alla Queen, non
tanto per la voce, ma per struttura compositiva. Il ritmo cambia spesso,
a volte colgono di sorpresa certe scelte, “Ebola” ad esempio
muta in ritmica ed in stadio umorale, così cambiano certi punti
di riferimento, fano capolino addirittura i Muse.
“The Dirty Affair” mostra una band rodata, dalle idee
chiare, difficile credere ad un debutto ascoltando questa canzone,
dove (e non guasta) fanno capolino anche piccole soluzioni in stile
Dream Theater. Tuttavia non vorrei che passasse il messaggio che i
Kezia sono troppo derivativi, perché i ragazzi di personalità
ne hanno da vendere. Dopo la bella “Sneakers” i Kezia
fanno vedere il lato più ruvido della loro musica con “Barabba
Son’s Song”, anche la mia preferita per intensità.
“Quendo” si distanzia di poco dalla precedente, pur presentando
riff già conosciuti e soluzioni alla Stratovarius.
La breve “Preludio” conduce alla conclusiva “Treesome”,
epica e toccante.
In conclusione, con “The Dirty Affair” facciamo la conoscenza
con una nuova realtà che non nascondo, mi ha colpito per coraggio
e idee, le linee melodiche spesso sono vincenti, tuttavia consiglio
loro di staccarsi da alcuni stereotipi abbastanza inflazionati, perché
in realtà di personalità ce n’è molta.
Ottima la tecnica individuale e l’intesa ritmica, bravo Armanini
con i tappeti di tastiere mai troppo invasivi e giusti gli interventi
di chitarra da parte di Manenti e più che sufficiente la registrazione:
suoni puliti. Bravi! MS
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